rassegna stampa roma

Ieri, oggi, domani… Franco fino in fondo

(Il Romanista – T.Cagnucci) – Domanda: «Parlerai mai degli arbitri?». Risposta: «No, mai». Più o meno è andato così la scorsa primavera il colloquio tra Franco Baldini e Luis Enrique quando Luis Enrique non era ancora...

Redazione

(Il Romanista - T.Cagnucci) - Domanda: «Parlerai mai degli arbitri?». Risposta: «No, mai». Più o meno è andato così la scorsa primavera il colloquio tra Franco Baldini e Luis Enrique quando Luis Enrique non era ancora l’allenatore della Roma e Franco Baldini stava già lavorando per la Roma.

 Un vero e proprio test d’ingresso e uno straordinario paradosso temporale (l’esaminando che adesso aspetta in cattedra l’esaminatore). In fondo Baldini non ha mai smesso di lavorare per la Roma visto che per lui la Roma è stata sempre qualcosa di assimilabile a una filosofia, a una politica, a una scelta. Alla Roma. Una direttrice. Per chi detesta la retorica, un modo di lavorare. Ma è stato così. E’ così. Quando per lui la Roma non era più la Roma se ne è andato. Quando per lui la Roma non era più lotta al potere - visto che non esistono poteri buoni - quando non era più l’emozione del puro, o di quello che si avvicina a questo concetto, del calcio, di quello che si avvicina al pallone, quando non era più quello per cui lui è sempre stato e continua ad essere, con l’importanza che lui dà al suo essere (Franco), se ne è andato. In Spagna e in Inghilterra sulle tracce inconsce di due sue grandi passioni: Don Chisciotte e Shakespeare.

 Una scappatina in Francia - terra di mezzo - però mi sa che se l’è fatta - anche se Franco Baldini non sarà sicuramente d’accordo - perché l’opera che più sembra somigliare a questa storia è quella del Conte di Montecristo di Alexandre Dumas. Almeno per la pervicacia con la quale s’è acchittato per sette anni, per duemilatrecentonovantotto giorni, questo ritorno. Provate a contare i secondi e i secondi posti che sono passati da quel giorno ad oggi. Troppi e troppi scudetti senza morali. A guardarlo da qui - facilmente adesso da qui - non poteva esserci esito diverso. Nell’ultima conferenza stampa fatta all’Hotel Sheraton e non a Trigoria (per questo ha voluto dormire a Trigoria Baldini lo scorso 17 giugno, il 17 giugno... capito?) c’era una domanda e anche una risposta del tipo, più o meno: «Se io posso tornare con un’altra proprietà? Non mi sembra il caso adesso...». Non è mai stato il caso. È stata volontàmista a coincidenze favorevoli, altrimenti quel sì a DiBenedetto non l’avrebbe mai detto. Quel sì ce l’aveva dentro da sette anni, perché comunque alla Roma Baldini non ha mai detto no. Anche quelle dimissioni date alle ore 17.12 del 24 marzo 2005 erano un modo all’incontrario per cercare di stare vicino alla Roma, cioè di non tradire la sua idea, la sua professionalità, la sua filosofia. Le aveva già date il 2 novembre del 2004 perché quella era la settimana che sarebbe dovuta culminare con l’elezione di Galliani alla presidenza della Lega. E’ su quello che si consumò con i Sensi lo strappo, la ferita. La Roma.

A inizio gennaio del 2005 parlò a Messaggero e Gazzetta dicendo le cose che poi ha sempre detto - che poi anche la storia ha raccontato - cose così: «Adesso si sa sempre come finiranno le partite». Venne stradeferito, accusato, bandito, bannato, taggato sui siti della peggiore intelligence (si fa per dire) moggiana. Parlò così quel giorno perché quella era la settimana della rielezione a presidente di Carraro. Poi parlò a Parla con me forse solo per il gusto di giocare con le parole, e disse che già si conoscevano i risultatidei campionati, non solo delle partite, parlò di conflitti d’interessi e di banche, di Moggi e di Gea, di Juventus e Milan, e tutto andò in onda in differita di qualche ora. Anticipando Calciopoli di anni. E lo ha fatto il giorno prima dell’elezione alla presidenza della Lega di Galliani (ché a novembre era stata rinviata). Fu una mossa quasi disperata, un monologo sul mare, al mare («Volevo solo ritagliarmi questa piccola possibilità, di incidere un minimo contro questo sistema, vedere il calcio svilire tra le mani e restare impassibile non mi piaceva, pur sapendo che non avrei poi realmente potuto far niente») che non gli riportò indietro le dimissioni: era il 20 marzo quando andò in tv (e c’era Roma-Milan all’Olimpico), il 23 marzo 2005 Adriano Galliani divenne presidente della Lega e Rosella Sensi sua consigliera. Alle ore 17.12 del 24 marzo 2005 le dimissioni. Il giorno dopo perché a quel punto non poteva più sorgere il giorno di prima. Ma se quelle parole avessero parlato anche a certi potenti, e non solo a Parla con me Baldini non si sarebbe mai dimesso dalla Roma.

 Capitolò quando era capitolato. Seppe andarsene, lasciare che sia. Ha saputo accompagnare la corrente fino ad ora, fino a qui, fino a Roma. Ricordandosi di Roma. Ricordando magari gli ultimi giorni di quella sua Roma. Incontrò Rosella Sensi per comunicarle la decisione, lei disse solo di prenderne atto, non disse altro. Lui aveva provato a chiamare il presidente qualche ora prima. Quella sera andò a un concerto di Fiorella Mannoia, poi a cena a San Lorenzo da Pommidoro, dove sui muri c’è ancora scritto Baldini sindaco per lo scudetto del 2001. Il 25 marzo alle ore 14.28 la conferenza al Tre Fontane perché Trigoria gli venne negata, 54 sedie tutte occupate, decine di telecamere ma non quelle di Roma Channel. Anticipò già lì l’intervista all’Audisio: «Totti? Sulle cose che ha detto forse potrei chiedergli il diritto d’autore, ma ritengo che il suo modo migliore di parlare sia ancora far vedere quelle cose straordinarie che sa fare sul campo. Lui resisterà, vedrete». L’altro tornerà vedrete. Poi aggiunse una cosa che va sentita meglio oggi: «La mia conferenza stampa comunque non ho mai pensato di farla a Trigoria, non l’avrei mai chiesto». No, non l’avrebbe mai chiesto e non lo chiese, ma ci aveva pensato e ripensato, ci sta pensando pure adesso a quando finalmente giovedì tornerà a parlare a Trigoria. L’ultima volta che lo fece insieme alla Sensi c’era pure Tullio Camiglieri che siglava l’accordo con i diritti tv di Sky, in occasione dell’annuncio del rinnovo del contratto di De Rossi. Tu chiamale se vuoi coincidenze oltre che emozioni. Perché sembrano canzoni. Come quella che Baldini sentì nella sua ultima sera da romanista a Roma: Fiorella Mannoia che cantava "Il tempo non torna più". Invece eccolo qui. Perché si cambia ma si può anche restare se stessi per amore.