(Il Romanista - M.Izzi) - Di primo acchito i cori di domenica dei tifosi della Lazio, mi hanno fatto venire in mente il discorso di John Kennedy alla Rudholph Wilde Platz di Berlino Ovest il 26 giugno 1963: «Ich bin ein Berliner».
rassegna stampa roma
I Beatles, Central Park e le leggi razziali
(Il Romanista – M.Izzi) – Di primo acchito i cori di domenica dei tifosi della Lazio, mi hanno fatto venire in mente il discorso di John Kennedy alla Rudholph Wilde Platz di Berlino Ovest il 26 giugno 1963: «Ich bin ein Berliner».
Fu un colpo di genio del Presidente degli Stati Uniti che salito sul palco chiese al suo interprete una frase breve, da poter pronunciare in tedesco. E se Kennedy dichiarava di essere un berlinese, da essere umano e da romanista, posso senz’altro dire di sentirmi anche io ebreo. Tutte le volte che risalta fuori questa storia però mi torna in mente New York. Che c’entra? C’è una piccola storia da raccontare e per farlo devo portarvi al numero 65 di Central Park West, nel cuore della grande mela. A quel domicilio viveva Ugo Calabi, nato a Roma e residente fino al 1940 in Via Maria Adelaide, a quattro passi da Piazza del Popolo. Calabi era a New York quando i Beatles fecero la storica passeggiata a Central Park l’8 febbraio del 1964. George Harrison era a letto con la febbre, e a godersi il delirio dei fan c’erano Paul, John e Ringo, (che pochi mesi dopo, si esibirà in Canada sotto la sorveglianza di un poliziotto, nascondendosi dietro ai piatti della batteria. Era stato infatti minacciato di morte da un fanatico di Monterrey che lo aveva definito “ebreo-inglese”. Ringo dichiarò che non era di religione ebraica ma che sarebbe stato fiero di esserlo). La domanda a questo punto è diventata abbastanza impellente.
Che cosa ci fa un romano nato a quattro passi da Piazza del Popolo a New York, assieme ai Beatles? E che cosa centra con la Roma e con il derby di domenica sera? Presto detto, Ugo Calabi, era possessore della tessera numero 41 di Socio fondatore vitalizio dell’AS Roma. Nel giugno del 1927 era stato nel gruppo di agenti di cambio reclutati da Renato Sacerdoti per sostenere la neonata Roma. Calabi aveva deciso di lasciare Roma dopo le infami leggi razziali emanate in Italia nel settembre del 1938. Il reparto di Pubblica Sicurezza della Polizia di stato fascista aprì un fascicolo su di lui per rintracciarlo, finché, nell’aprile del 1940, venne individuato a New York. Calabi è stato uno dei tanti romanisti di religione ebraica perseguitati negli anni della seconda guerra mondiale, aggiungiamo che si tratta di uno dei pochi fortunati, perché in tanti, in troppi, sono invece scomparsi in uno dei campi di sterminio nazista. Ascarelli Pellegrino (socio vitalizio n. 9), Calabi Ugo (socio vitalizio n 41), Calabresi Mario (socio vitalizio n. 43), Campos Raoul (socio vitalizio n. 49), Chimichi Alberto (socio vitalizio 67), Coen Belifanti Renato (socio vitalizio 72), Coen Giorgio (socio vitalizio n 73), Finzi Aldo (Socio vitalizio 107), Hannau Bice (socio vitalizio 126), Leoni Mario Domenico (socio vitalizio 137), Majolo Mario (socio vitalizio 138), Olivieri Luigi (socio vitalizio 156), Philipson Dino (socio vitalizio 168), Rossi Renato (socio vitalizio 183), Sacerdoti Dinetto (socio vitalizio 185), Sacerdoti Elvira (socio vitalizio 186), Sacerdoti Gino (socio vitalizio 187), Sacerdoti Giorgio (socio vitalizio 188), Sacerdoti Poldine (socio vitalizio 189), Sacerdoti Renato (socio vitalizio 190), Sacerdoti Renzo (socio vitalizio 191), Sacerdoti Viry (socio vitalizio 192), Vitale Guido (socio vitalizio 192), Ziffer Giorgio (socio vitalizio 230), Gattegna Osvaldo (Socio benemerito n 43), Navarra Ulisse (socio benemerito n 73), Spagnoletto Mario (socio benemerito n 112), Costa Aldo (socio Arbitro n 8).
Sono tutti romanisti del 1927, tutti di religione ebraica e l’elenco solo volendo, potrebbe continuare. Era assolutamente naturale che una delle comunità più antiche della città di Roma decidesse di regalare le proprie simpatie alla squadra che aveva deciso di farsi portabandiera del nome della propria città. Come fu naturale che il quartiere operario della città, quello di Testaccio, dove sorse il campo della Lupa aderisse in massa al nuovo club, ecco dunque la Roma, la squadra degli ebrei e dei macellai: è storia, e stare dalla parte dei perseguitati e non dei carnefici deve essere motivo d’orgoglio. Questi i fatti, ma non vogliamo fare una crociata che divida i buoni dai cattivi, i laziali dai romanisti, almeno su questa particolare questione. Analizzando la storia di questi ultimi decenni si potrà vedere che cori xenofobi, purtroppo, si sono registrati in tutte le curve d’Italia, anche in quella della Roma. Crediamo che il primo passo da compiere per estirpare questo fenomeno odioso sia quello di spiegare, ricordare, illustrare a che cosa abbia portato, nel passato, questo tipo di atteggiamento. Quanto dolore e quanta ingiustizia abbia sparso nel mondo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA