(Il Sole 24 Ore - M. Donaddio) - Si infiamma lo scontro all'interno della Lega di Serie A di caldo. Nel Consiglio tenutosi ieri a Milano si è consumata l'ennesima frattura tra le "big five", le cinque squadre più potenti ed economicamente rilevanti del massimo campionato (Milan, Inter, Napoli, Roma, Juventus) e le altre quindici che compongono la Lega.
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Guerra aperta tra i club di Serie A
(Il Sole 24 Ore – M. Donaddio) – Si infiamma lo scontro all’interno della Lega di Serie A di caldo. Nel Consiglio tenutosi ieri a Milano si è consumata l’ennesima frattura tra le “big five“, le cinque squadre...
L'oggetto del contendere riguarda i bacini di utenza per definire i diritti televisivi, una torta da 200 milioni di euro. Con il voto decisivo del presidente Maurizio Beretta, il Consiglio di Lega ha dato attuazione alla delibera dell'assemblea del 15 aprile scorso per l'assegnazione a tre agenzie demoscopiche (Doxa, Crespi e Sport and Markt) delle indagini per definire l'appeal televisivo delle venti squadre di A. Delibera che era stata proposta e votata a maggioranza dalle is società minori. Un boccone ghiotto, quei 200 milioni, pari al 25% dei ricavi derivanti dalla vendita collettiva dei diritti tv 2010-2011, per i quali le "piccole" della A vogliono poter avere voce in capitolo. La Corte di giustizia della Figc aveva respinto il ricorso per l'annullamento della delibera presentato dalle "big five" che lunedì si erano rivolte all'Alta corte del Coni ottenendo parere favorevole alla sospensione. Ma a far saltare il banco-almeno per il momento - il Consiglio di ieri, dove ai voti dei cinque rappresentanti di Parma, Catania, Sampdoria, Udinese e Palermo si è sommato quello del presidente uscente della Lega. Il voto di Beretta ha rotto l'equilibrio che in Consiglio durava dalla cosiddetta riunione del venerdì santo, quando il numero uno della Lega si era astenuto. È così esplosa l'ira delle cinque grandi, con in testa il Milan di Adriano Galliani, la Juventus di Andrea Agnelli e l'Inter di Ernesto Paolino. Galliani e Paolillo hanno accusato Beretta di incoerenza, sottolineando quanto fosse inopportuno prendere posizione per un presidente che da marzo ha accettato l'incarico di responsabile della comunicazione esterna e interna di Unicredit. «È stato un atto dovuto», si è difeso Beretta, affermando come non fosse più possibile non dare attuazione alla delibera dell'assemblea del 15 aprile, dopo che la Corte di giustizia federale aveva respinto il ricorso delle cinque grandi per bloccarla. «Beretta se ne assumerà le responsabilità anche patrimoniali»ha tuonato Galliani contro il presidente che, continua il manager rossonero, «da tempo lavora ad Unicredit da mattina a sera e in Lega non c'è mai». In risposta, Maurizio Beretta ha ricordato di aver chiesto di essere avvicendato già due mesi fa: «Resto qui per non pregiudicare completamente l'operatività della Lega». Per le cinque grandi il voto del Consiglio è stato un «esproprio proletario» e Andrea Agnelli, presidente della Juventus ha detto: «Valuteremo tutte le ipotesi, anche quella di un'uscita dalla Lega. Stiamo dialogando e abbiamo una posizione compatta con Inter, Milan, Napoli e Roma». Uno scenario che testimonia l'escalation nel confronto tra le società, in cui potrebbero rientrare oltre alle battaglie legali anche possibili boicottaggi sul mercato, sulle comproprietà e i prestiti. Mentre Beretta auspica un accordo per un nuovo presidente che possa fare da pacificatore
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