(Il Messaggero - U.Trani) -Luis Enrique gioca d’azzardo. Questo si sa, ormai il pianeta Roma è perfettamente a conoscenza di quanto il tecnico di Gijon chieda in ogni partita. La sua idea di calcio è propositiva, offensiva e di conseguenza rischiosa. Ma domenica sera è andato oltre.
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Gli azzardi di Luis
(Il Messaggero – U.Trani) – Luis Enrique gioca d’azzardo. Questo si sa, ormai il pianeta Roma è perfettamente a conoscenza di quanto il tecnico di Gijon chieda in ogni partita. La sua idea di calcio è propositiva, offensiva e di...
Perché, senza mancare di coerenza, ha interpretato la sfida come le altre, senza pesare la diversità che appartiene da sempre al derby in quanto tale. Alla vigilia lo ha definito «speciale». Chiarendo subito che non avrebbe però cambiato niente nella preparazione e nell’impostazione del match. Il risultato adesso finisce per accentuare i suoi azzardi nella gara con la Lazio. Per molti dei quali proprio lui dovrà trovare una risposta, lavorando a Trigoria già da oggi per individuare la soluzione migliore per non perseverare nelle gare che verranno. Per altri forse non potrà mai dire come stanno le cose, anche per difendere se stesso e per non creare malumori nel gruppo che ancora non lo comprende in modo totale. «Ci siamo fermati sull’1 a 0 e dopo quindici minuti». Il commento di Luis Enrique a fine partita genera un’immediata riflessione. La Roma, anche per chi la guida, è stata capace di recitare per poco o niente lo spartito su cui i calciatori stanno studiando ormai da tre mesi. La squadra giallorossa è entrata e uscita dalla sfida in un quarto d’ora. E qui non c’entra l’inferiorità numerica, maturata all’inizio del secondo tempo.
Anche 11 contro 11, per ammissione dello spagnolo, le cose non funzionavano. Non può essere merito solo delle contromisure di Reja. Se la maggior parte dei palloni sono stati toccati da Stekelenburg e Kjaer qualcosa sta a significare. Possesso palla scomparso, lancioni spesso imprecisi che Osvaldo cercava di far diventare giocabili. Inutili quelli per Josè Angel con palla persa dal fluidificante mancino o addirittura nemmeno ricevuta. Poco gestibili quelli per il tecnico ma piccolo Bojan. Il blocco non può essere stato psicologico: il vantaggio avrebbe dovuto garantire l’effetto opposto. Qui subentra la Lazio che, sistemandosi meglio, ha mandato in tilt i giallorossi. Ecco, proprio dal primo tempo del derby, deve ripartire Lucho. Per capire il black out non previsto e proprio da lui stesso evidenziato. Ma sono gli altri azzardi sui quali si discute in città, tra i tifosi, e nello spogliatoio, tra i giocatori. Perché alcuni singoli sono, per motivi diversi, in una strana situazione. Juan, mai convocato, si aspetta, ormai più prima o che poi, di avere una chance. Simplicio, decisivo con l’Atalanta, non si spiega perché non sia entrato nemmeno nella lista dei 18: fisicamente, non solo a sentire lui, risultava più pronto di Gago e Perrotta, entrambi titolari, e di Pizarro che ormai viene utilizzato come alternativa in corsa e non in partenza. Lo stesso Burdisso, poi finito comunque in campo, è rimasto fuori, tra l’altro lasciando il posto al distratto Kjaer, perché reduce da oltreoceano e dagli impegni con l’Argentina. Suoi compagni di nazionale, come Messi e Higuain, hanno giocato le due partite con la Seleccion e sabato, un giorno prima del derby, hanno realizzato rispettivamente due e tre reti. Per non parlare di Hernanes: il brasiliano, anche lui in teoria stanco per la traversata dell’Atlantico, è stato il migliore in campo.
Cassetti è entrato per Rosi: prima per lui in campionato e da terzino destro, posizione in cui non era mai stato preso in considerazione da Luis Enrique. Borriello dovrebbe essere stato accontentato dalla spiegazione pubblica nel dopo partita: senza i due cambi obbligati, avrebbe preso il posto di Bojan. Non è solo una questione di singoli. Perché hanno pesato anche le scelte di gruppo: i nove debuttanti, tutti tranne De Rossi e Perrotta, i quattro pischelli Josè Angel, Kjaer, Pjanic e Bojan, i quattro cambi, Stekelenburg compreso, rispetto alla gara vinta e bene con l’Atalanta. Che resta di riferimento, visto il derby, per l’approccio sbagliato nei minuti iniziali della ripresa. Contro la squadra di Colantuono, in avvio di secondo tempo, qualche rischio e il gol di Denis. Contro la Lazio, partenza in fotocopia. Anzi peggio: oltre ai pericoli e al gol su rigore di Hernanes, anche l’inferiorità numerica. Inspiegabile. La Roma, dopo l’intervallo, si ripresentava in campo in vantaggio. Lasciando testa e cuore negli spogliatoi. Nel derby il cortocircuito ha generato la sconfitta.
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