rassegna stampa roma

Gli americani chiedono un altro sconto

(il Messaggero) Sino all’ultimo dispetto. La vendita della Roma proprio non riesce a essere sicura, anche se sembra comunque scontata, perché i due partner, il consorzio statunitense e UniCredit si fanno uno sgarbo dietro l’altro.

Redazione

(il Messaggero) Sino all’ultimo dispetto. La vendita della Roma proprio non riesce a essere sicura, anche se sembra comunque scontata, perché i due partner, il consorzio statunitense e UniCredit si fanno uno sgarbo dietro l’altro.

La novità di ieri, confermata da Thomas Richard DiBenedetto venerdì notte ai suoi legali romani dello studio Tonucci, è il rinvio dello sbarco nella capitale del futuro presidente. Non arriverà più domani (forse a metà settimana), ma invierà i due manager del suo socio James Pallotta, gli esperti finanziari Mark Pannet e Sean Barror.

La motivazione è la scelta unilaterale della Banca di fissare il closing per il 29 luglio. Dietro, però, a questa giustificazione c’è l’intenzione da parte del gruppo Usa di chiedere uno sconto sulla cifra concordata il 15 aprile a Boston, come risulta sul precontratto: scendere da 70 a 60 milioni. Quindi 10 in meno che poi sarebbero proprio il 60% che DiBenedetto e soci non vorrebbero versare di quelle perdite inerziali, attualmente 17 milioni, già sicure sul prossimo esercizio.

Ma la posizione di UniCredit è irremovibile: c’è il contratto pronto e solo da firmare, così come ormai è decisa il giorno per il closing. Da oltreoceano insistono proprio sulla chiusura: si può spostare al 31 luglio (data ultima per il passaggio ufficiale di proprietà indicata sul precontratto del 15 aprile) o addirittura anche di due settimane: servirebbe comunque un cda straordinario.

E soprattutto, secondo DiBenedetto (il prossimo presidente avrebbe contestato anche ai suoi legali romani la gestione troppo sbrigativa della fase finale trattativa: non sarebbe nemmeno venuto a Roma il 13 luglio per la presentazione del 14 accanto a Luis Enrique), negli ultimi mesi della vita societaria i dirigenti non avrebbero fatto attenzione alle spese.

Insomma il bostoniano ha capito che serviranno nei prossimi due anni almeno 60-80 milioni per il piano di sviluppo industriale (cifra che anche la Banca ritiene giusta) e quindi sarà necessaria una doppia ricapitalizzazione (non bastano i 35 milioni previsti). Di qui la richiesta di sconto. Fiorentino, a quanto pare, avrebbe garantito che in caso di ritirata del consorzio statunitense, Unicredit andrebbe avanti anche in solitario. Ma partirebbe un’azione legale nei confronti del gruppo DiBenedetto. Che ieri pomeriggio ha tranquillizzato Sabatini, dicendogli di proseguire le operazioni di mercato. Il braccio di ferro, però, continua.

U.T.