rassegna stampa roma

Giocatori senz' anima: altro che modello Barcellona…

(Corriere dello Sport – L. Cascioli) – C’ è qualcosa di vecchio, anzi d’antico, in questa “nuova” Roma e mi riferisco alla lentez­za della manovra, alla scarsa velocità dei movimenti colletti­vi, al gioco privo di...

Redazione

(Corriere dello Sport - L. Cascioli) - C' è qualcosa di vecchio, anzi d’antico, in questa “nuova” Roma e mi riferisco alla lentez­za della manovra, alla scarsa velocità dei movimenti colletti­vi, al gioco privo di intensità. E questo, mescolato all’imbaraz­zo dei giocatori di dover im­provvisare nuovi schemi senza averli assimilati, di dover cer­care intese di gioco senza cono­scere i compagni.

 

E’ cambiato troppo, ma di nuovo c’è troppo poco. Se si vuole, come è stato predicato sino al grottesco, imi­tare il Barcellona, bisogna sa­per realizzare sul campo quel tourbillon di movimenti, quei ri­torni perentori sulla palla dopo averla persa, quelle aperture a ventaglio di centrocampisti e attaccanti, una volta in possesso del pallone, che caratterizzano la moderna originalità delle so­luzioni di gioco attuate dalla squadra di Guardiola. La Roma, per il momento, non è niente di tutto questo, simboleggiando semmai tutto il contrario. Hai voglia a dire che deve essere più reattivo e vivo in panchina Luis Enrique! Deve essere me­no addormentata la squadra in campo. Poi magari spetta all’al­lenatore anche suonare la sve­glia, ma la Roma del primo tem­po di domenica sembrava solo voler prolungare lo sciopero. Essere nuovi e diversi va bene. Ma giocando così non si è nien­te. E questo nonostante la buo­na volontà di mettersi in mostra di alcuni uomini nuovi. E’ piaciuto Pjanic, che ha i numeri per diventare protago­nista della rinascita giallorossa; è piaciuto José Angel, nonostan­te siano tutte sue le dirette re­sponsabilità della sconfitta; è piaciuto persino Borini, che nei pochissimi minuti in cui si è vi­sto in campo è stato tra i più propositivi e concreti. Tra le de­lusioni spicca quella di Bojan, sul quale la “nuova” Roma si è giocata l’en plein. Il ragazzo non c’è, non si è visto. Avesse fatto la metà delle cose che ci ha fatto vedere Cossu, in un ruolo molto simile al suo, ci sen­tiremmo meno inquieti. Dome­nica Bojan era una palla di piombo. E’ molto giovane, è ve­ro. E’ molto inesperto ed è stato anche molto trascurato dai compagni, ma l’occasione per farsi notare almeno con uno spunto era clamorosa per chi pretende di entrare nei sogni dei suoi tifosi. Insomma, ci sembra molto dura. Ci vorrà più tempo del previsto, cominciando con il conferire maggior peso e mobi­lità al reparto offensivo, appar­so totalmente inerme e tradito dalla lentezza del gioco. Non sappiamo cosa può valere Osvaldo, ma non lo sapremo mai se in una partita giocata in casa, resta a fluttuare come un corpo morto, sempre sballottato come un sughero da tre avver­sari. A questa Roma che si è proposta subito così poco italia­na, con i suoi dirigenti america­ni, con il suo allenatore spagno­lo, con i suoi tanti stranieri pio­vuti dal Sudamerica, dall’Olan­da, dalla Danimarca, dalla Bo­snia, manca forse un po’ di con­cretezza italiana. Non che il calcio italiano rappresenti oggi un fulgido esempio, ma nella sua tradizione tattica e agonisti­ca esistono valori che a questa “nuova” Roma fanno difetto. Tutto ciò che è giovane e nuovo appartiene ai miti della nostra società. Ma senza gettare alle ortiche i valori dell’esperienza. Il pubblico infine vuole talmen­te bene a questa squadra che non è riuscito neppure a fi­schiarla. S’è comportato insom­ma come Luis Enrique, più sor­preso e deluso che arrabbiato. Ha lasciato fare. Forse però è meglio cominciare ad arrab­biarsi. A Roma si dice che “Las­sa fa’ se fece arubba’ la moje”.