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Giallorossi meglio Assalto finale dei nerazzurri Ma è tutto inutile

(La Gazzetta dello Sport – L.Garlando) – Nel gioco della torre Gasperini e Luis Enrique, invece di spingersi giù, si tengono per mano: 0-0. Ossigeno.

Redazione

(La Gazzetta dello Sport - L.Garlando) - Nel gioco della torre Gasperini e Luis Enrique, invece di spingersi giù, si tengono per mano: 0-0. Ossigeno.

Meglio la Roma per qualità e logica di gioco, Gasp può consolarsi con il finale orgoglioso della sua Inter che segnala, se non altro, condizione e stimoli sani. Le punte hanno tradito di nuovo, come in coppa. L'occasione migliore è capitata nel finale a Sneijder quando Gasp aveva tolto Milito e Forlan, tenendosi il solo Zarate di punta, tra i fischi di San Siro. Luis Enrique non ha mai rinunciato ai suoi tre attaccanti e torna nella Capitale forte di una prova di personalità. Paura per Stekelenburg, colpito alla tempia da Lucio e uscito dopo poco più di un quarto d'ora. Oggi il progetto della Roma è molto più riconoscibile di quello dell'Inter: identità di gioco, giovani di valore, la sensazioni che tutti credano all'idea. L'Inter è un convalescente in attesa di tempi migliori e di titolari che portino qualità. Anche ieri ha dimostrato di aver senatori in affanno (Cambiasso) e nuovi dal valore sospetto (Jonathan). Coraggio Gasp, a dispetto delle convinzioni del suo presidente («meglio la difesa a 4»), ripropone quella a 3 e l'idea di Pechino che aveva incartato il Milan per un tempo. Il dignitoso orgoglio di un artigiano che espone il suo tavolino. Per ora non ha potuto fare di più. Non diventerà mai antiquariato, ma è opera delle sue mani. Meglio rischiare il collo per le proprie idee che per quelle degli altri. Luis Enrique pensa uguale e, in omaggio all'utopia di Guardiola (solo centrocampisti), cancella i terzini e ci mette Perrotta e Taddei, con Pizarro in mediana, Borini e Osvaldo ai fianchi di Totti. Subito Kjaer. Un'accelerata di gioventù e coraggio. Bravo Luis Apparentemente temeraria, in realtà la mossa di Luis Enrique è saggia e felice: in fase di possesso, De Rossi si abbassa alla Busquets tra i due centrali difensivi, Perrotta e Taddei salgono ai lati della mediana. Il 4-3-3 si trasfigura in una sorta di 3-4-3 e disinnesca le intenzioni di Gasp (superiorità a centrocampo), perché con i ripiegamenti delle punte la Roma presidia in massa il cuore del campo e, forte di palleggiatori di qualità superiore, tiene il pallino. Non solo. De Rossi, così basso, ha la sapienza per far nascere l'azione che poi si allunga verso Pizarro e Totti: tre play uno sopra l'altro, una notevole spina dorsale creativa. De Rossi arma Osvaldo, Totti spalanca la porta a Borini, Pizarro tesse di continuo. Il suo faccia a faccia con Sneijder dirà molto sul match.

Inter bassa A differenza della Roma, che riesce a restare compatta, manovra organica e pressa alto, l'Inter si affida di più a lanci lunghi, cercando di mettere Milito e Forlan nelle condizioni di spendere l'uno contro uno. Più della Roma, la banda Gasp cerca anche di spremere le fasce, soprattutto a destra dove Nagatomo è attivissimo. Anche troppo. Con tutto il rispetto per il giapponese, che il peso della manovra cadesse alla fine su Eto'o aveva senso. Su Nagatomo molto meno. Ma questo per ora passa il convento: Forlan è giù, Cambiasso e Zanetti confermano l'involuzione atletica, Sneijder si spreme nelle due fasi senza l'assistenza di incursori di qualità coma Pjanic. L'Inter, sempre troppo bassa perché Cambiasso resta incollato dietro, sembra condannata a resistere, arginare e sparare che la geniale catapulta di Sneijder peschi l'idea buona per i due davanti. La Roma, alla prima contro il Cagliari, soffrì il pressing su De Rossi che qui invece può salire indisturbato a suggerire: è il migliore. Fischi La Roma che sbuca rabbiosa dagli spogliatoi (Osvaldo davanti a Julio Cesar già al 1') sembra essersi convinta che qui c'è da saccheggiare molto più di un punticino, ma non riuscirà più a trovare grande pericolosità. C'entra qualcosa l'uscita di Pizarro per Gago. Luis Enrique comunque non stacca il piede dall'acceleratore e, quando toglie il bravo Borini, lo rimpiazza con Borriello. Al contrario, Gasperini, spaventato dal finale di Palermo, prima toglie Milito per Zarate, poi Forlan per Muntari. San Siro fischia. Ma questo cambio tra un attaccante messo per sbaglio nella lista Champions e un giocatore che non si è riusciti a vendere, più una svirgolata immonda di Jonathan, spiegano bene l'assistenza data dalla società al tecnico. Nel finale Gasperini rischia di vincere senza punte in campo, perché il calcio è meravigliosamente folle, come l'amore. Invece è 0-0. Bisogna tornare indietro di 28 anni per ritrovare una partenza peggiore dell'Inter in campionato: nel 1983 Gigi Radice perse le prime due. Al 18 settembre, l'Inter non ha ancora vinto una partita ufficiale. Il precedente di un'attesa così lunga risale al '68. Era il day after di una Grande Inter. Come oggi.