(La Repubblica-F.Bocca) Daniele Conti invece di Totti, El Kabir invece di Bojan e soprattutto Massimo Ficcadenti invece di Luis Enrique. «Ci vuole tiempo» dice l’asturiano col pedigree del Barcellona, uno che soffre il calcio italiano:
rassegna stampa roma
Fiducia, pazienza e sconfitte. Quanto tempo serve a Luis?
(La Repubblica-F.Bocca) Daniele Conti invece di Totti, El Kabir invece di Bojan e soprattutto Massimo Ficcadenti invece di Luis Enrique. «Ci vuole tiempo» dice l’asturiano col pedigree del Barcellona, uno che soffre il calcio italiano:
17 anni fa Tassotti gli rifilò una proditoria gomitata in faccia a Usa ‘94, e adesso deve pure consegnare la partita del suo esordio in A a un tecnico che il 4-3-3 non lo ha imparato al Camp Nou, ma con Verona, Reggina e Cesena. Poteva anche andare peggio, la gente ha lasciato l’Olimpico frastornata, chiedendosi quando la Roma partirà davvero senza sbagliare strada, e non particolarmente inferocita per il ko della Roma col Cagliari - arrivato tra l’altro dopo l’eliminazione ai preliminari di Europa League - mentre l’asturiano è rimasto lì col disco incantato. «Non so quanto tempo ci vorrà per costruire la Roma, stiamo cambiando maniera di giocare, non sono qui per vendere fumo».
Le parole d’ordine sono aspettare e pazienza. Aspetta anche DiBenedetto:«Ho visto e apprezzato i progressi, spero che il lavoro presto dia i suoi frutti anche in termini di risultati». Insomma “ci vuole tiempo”. Tutto il tempo che vuole, per carità, anche se Ficcadenti al Cagliari è arrivato dopo Ferragosto, sostituendo Donadoni, e quindi ben dopo di lui alla Roma, dove tanto spendere e spandere per ora ha fruttato zero. La ricerca di alibi fornisce poco: il caldo all’Olimpico era asfissiante ma faceva ribollire sia Roma che Cagliari, l’espulsione di José Angel nel secondo tempo è stata un po’ fiscale, ma è stato espulso il giocatore che ha fornito involontariamente a Conti l’assist per il vantaggio del Cagliari. La rivoluzione totale non si vede, la squadra ha imboccato la strada alla rovescia. Luis Enrique non sembra spaventato -«Non sono preoccupato para nada» - e tiene poco in conto le fibrillazioni del calcio italiano: sabato sera la Roma giocherà a San Siro contro l’Inter e così rischia di arrivare alla partita col Siena già con un forti fibrillazioni sulla panchina. «Lo scorso anno col Barça B alla quinta eravamo penultimi, l’anno prima altrettanto». Normale, dunque. Facendosi violenza Roma cerca di trovare la pazienza che lo scorso anno ad esempio permise all’Udinese di superare ben 4 ko all’avvio. A Udine è possibile, ma a Roma? Sei giocatori nuovi (Stekelenburg, Heinze, José Angel, Pjanic, Osvaldo, Bojan) stavolta Enrique ha tenuto Totti, migliore dei romanisti, l’intera gara in campo, ma gli ha affiancato due attaccanti - Osvaldo e Bojan - di gran lunga meno tonici di Borriello. Che non avendo mai giocato in Spagna, non è alla moda, ma quando è entrato un po’ di sostanza l’ha data. Il rapporto con Totti è sempre incerto. «Può dare molto di più? Lo credo anche io, lo conosco molto bene» dice Enrique. «L’identità la squadra ce l’ha - ha rassicurato De Rossi - non vedo affatto un allenatore distaccato, sto bene con lui».
La cosa che più ha colpito non sono stati tanto gli errori del secondo tempo quanto la noia di tutto il primo, giocato sotto ritmo, in un tran tran che rientrerà pure nello schema ma che annoia e non è spettacolo.«Sono ottimista - ripete l’asturiano - coi giocatori e col club sono in perfetta sintonia. Se qualcosa ancora non funziona è colpa mia, quando il gioco arriverà faremo tanti gol. In ogni caso la mia maniera di vedere il football è questa e non penso minimamente di cambiarla».
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