(Il Romanista - S.Romita) - Quello che aveva da dire sulla vicenda che lo ha tenuto fuori dalla trasferta contro la sua ex squadra, l’ha detto. E certamente avrà sofferto, visto che ai gigliati, già da ex, aveva fatto un bel gol e sognava di ripetersi. Però è ora per "Pablo è morto Pablo è vivo".
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Ecco che rientra l’Osvaldo Furioso
(Il Romanista – S.Romita) – Quello che aveva da dire sulla vicenda che lo ha tenuto fuori dalla trasferta contro la sua ex squadra, l’ha detto. E certamente avrà sofferto, visto che ai gigliati, già da ex, aveva fatto un bel gol e...
Osvaldo di infilarsi nuovamente gli scarpini, mettersi gli auricolari con De Gregori nella testa, ed entrare negli spogliatoi dell’Olimpico con tutta la rabbia del titolare che si riprende l’area avversaria e la rade al suolo. Che questa sia la sua grinta naturale non vi è dubbio. Che sia caricatissimo e perfettamente inserito nella squadra e protetto dai compagni è altrettanto certo. Chi è riuscito in queste ore a scambiare due parole con lui lo descrive sorridente e vincente. E amato dalla Curva. Che prepara per il suo rientro un’ovazione tutta speciale. E il sogno di tutti i romanisti è che Lamela - lo schiaffeggiato diciannovenne Lamela - gli fornisca sul velluto la palla da insaccare alle spalle di Gigi Buffon, prima dell’abbraccio finale tra i due nuovi pupilli di DiBenedetto. E il sogno di Osvaldo? Quale sarà il chiodo fisso che accompagna i sonni di "Pablo è morto Pablo è vivo" in queste lunghe giornate che lo separano da lunedi? Ve lo diciamo noi. Ripetere l’enorme finale partita già vissuto contro i bianconeri.
Quel 2 marzo del 2008 a Torino, a tempo scaduto, è restato scolpito nella sua mente. Ha capito allora di essere veramente fortissimo, indipendentemente dalla possibile carriera ancora da fare. Osvaldo si destreggiò con la testa, si portò la palla sul destro, spalle alla porta, al limite dall’area, sempre di destro servì all’ala il buon Papa Waigo (a cui aveva già fatto segnare la rete del 2 a 2) e corse a bruciare di testa in tuffo il povero Legrottaglie. Il 2-3 storico, con cui riportò sull’Arno dopo venti anni una vittoria in trasferta contro gli "odiati" bianconeri, gli costò l’espulsione per essersi tolto - già ammonito - la maglia. Punito per l’esultanza. Punito per la bravura. E punito per aver portato nello spogliatoio romanista l’orgoglio dei grandi. Questo il destino di Simba, figlio della mitraglia numero uno Re Bati-Leone. Ma lui, l’Osvaldo furioso, il laico castigatore del soldatino di Cristo Legrottaglie (maglia 33 come gli anni di Gesù), non fece una piega. Prandelli era nei cieli. Lo stesso Prandelli che oggi lo riveste di azzurro e che ha spalancato la bocca davanti alla sforbiciata giallorossa annullata contro il Lecce. E Osvaldo lo sa. Osvaldo lo sa bene che ogni briciola di Torino gli porta fortuna. Un drappo rosso davanti al toro. Ma il toro è lui. Lui che per non smentirsi ha castigato anche i granata. Lui che lunedì si farà rincorrere sotto la Curva sventagliando a destra e a manca.
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