(Corriere dello Sport – S.Rizzo – A.Maglie) –E’ un compito gravoso quello che attende gli americani: arrivano dopo l’era Sensi, probabilmente la più grande della storia della Roma ( insieme a quella legata a Dino Viola).
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E' una Roma da rifare!
(Corriere dello Sport – S.Rizzo – A.Maglie) –E’ un compito gravoso quello che attende gli americani: arrivano dopo l’era Sensi, probabilmente la più grande della storia della Roma ( insieme a quella legata a Dino Viola).
La squadra è ormai stabilmente ai vertici del calcio italiano, magari sono mancati la regolarità - con campionati di grande spessore ed altri da dimenticare - e qualche risultato. Ma è su questo tessuto che i nuovi proprietari dovranno lavorare. A loro si chiede innanzitutto trasparenza: niente promesse demagogiche o bugie, sì a un progetto serio. Roma non è una piazza facile (ammesso che esistano piazze facili), la gente vuole sapere subito quali saranno gli investimenti, che tipi di obiettivi si potranno raggiungere. Ecco, riconquistare la gente sarà il primo, difficile compito del nuovo presidente. Dovrà essere nominato un responsabile del settore tecnico, e dovrà essere un uomo di calcio, di grande esperienza, di riconosciuta abilità. Infine, l’allenatore, cui la società dovrà dare il massimo appoggio, difendendolo sino all’estremo. Gettate le basi, sarà più facile scegliere i giocatori, anche se saranno loro a decidere la grandezza o meno della squadra. Ma prima viene il progetto, poi i calciatori. La Roma di quest’anno lo dimostra in modo inequivocabile.
La scelta dell’allenatore sarà la prima sfida della nuova società, forse la più importante, quella che condizionerà i prossimi quattro- cinque anni. Come lo fu, d’altro canto, l’ingaggio di Luciano Spalletti i cui benefici sono stati avvertiti se non sino a ieri, sino all’altro ieri. Questione delicatissima, fermo restando, comunque, che nel calcio sono soprattutto le società che rendono grandi i tecnici e non viceversa. Le vicende di quest’anno dimostrano proprio che la confusione aziendale diventa inevitabilmente confusione tecnica, anarchia, e in un ambiente in cui i calciatori sono a loro volta delle piccole aziende, l’interesse personale finisce per prevalere su quello collettivo. In economia si dice: fare squadra. A maggior ragione bisogna « fare squadra » nel calcio. E’ evidente che non basta un po’ di belletto per cambiare la faccia della Roma. I nomi contano ma più dei nomi contano le idee, le ambizioni, la voglia di misurarsi con una scommessa difficile in un ambiente difficile. La felice scelta di Spalletti è in qualche maniera fonte di ispirazione. L’identikit è quello: un tecnico capace di costruire, che ripristini le regole del lavoro e della disciplina, che sia generoso dal punto di vista del gioco, che infonda un’anima in un corpo che oraappare invecchiato e stressato.
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