(Il Romanista - D.Giannini) -La Roma, gli americani, l’erba sinteca, Walter Sabatini. Succederà sabato sera a Novara, ma è già successo 34 anni fa.
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E Sabatini giocò sul sintetico
(Il Romanista – D.Giannini) – La Roma, gli americani, l’erba sinteca, Walter Sabatini. Succederà sabato sera a Novara, ma è già successo 34 anni fa.
Ripartiamo dal terreno di gioco, dall’erba sintetica dello stadio Silvio Piola dove si giocherà una partita delicata per tanti aspetti, compreso quello della superficie da calcare. Che è una novità assoluta per la Serie A, per i professionisti del pallone per le stelle del calcio. Perché in realtà oggi per qualunque giocatore di calcio, calcetto e calciotto del lunedì o martedì sera, il sintetico è la normalità. Quasi tutti i circoli sportivi hanno quella evoluta, di ultima generazione (o quasi) che assomiglia tantissimo a quella vera. E così quando il ragionier Rossi o il signor Bianchi svirgolano un pallone meritandosi gli insulti, mica tanto amichevoli dei compagni di squadra, non possono neppure dare la colpa al terreno di gioco come si faceva tanti anni fa. Quando si giocava sulla pozzolana, o al massimo sulla terra rossa dei campi da tennis riadattati. Nei primi Anni 80 alla parola erba sintetica la testa dei malati di calcio volava subito all’Inghilterra, ad uno stadio dal quale arrivavano delle immagini sempre un po’ scure, colpa dell’illuminazione che non era un granché, che però faceva sognare.
Perché magari mentre a Birmingham Aston Villa e Nottingham Forest giocavano nel fango, lì, a Luton, sembrava di essere al primo match dell’anno sul centrale di Wimbledon. Neanche una buca, non una zolla sollevata, niente pozzanghere. Tutto perfetto, troppo perfetto. Tanto che poi, avvicinando lo sguardo alle tv si capiva che quella non era vera erba e che il Luton Town era una delle squadre britanniche ad aver scelto il sintetico. A dire il vero non erano poche: c’era ad esempio il Queens Park Rangers, ma anche parecchie altre. Società che avevano abbracciato il futuro, che oggi è presente, anzi il passato, ma che allora era qualcosa addirittura troppo sperimentale. Tanto che nel 1988 la Football Association vietò quel tipo di campi da gioco. Perché si comprese che quell’erba, molto diversa da quella di oggi, era più pericolosa per le articolazioni dei giocatori e per gli impatti sul terreno. La moda per questo motivo passò in fretta, tanto che persino negli Stati Uniti, il paese da cui il sintetico era partito, si fece marcia indietro e molte formazioni di football americano tornarono al “naturale”. Anche Uefa e Fifa vietarono quel tipo di erba. Ma da allora di strada ne è stata fatta davvero tanta. Basti pensare che persino le massime organizzazioni calcististiche europea e mondiale hanno fatto marcia indietro e hanno dato l’ok ai campi in erba sintetica di ultima generazione.
Come quello sperimentato e approvato dagli olandesi dell’Heracles Almelo prima, e nel Wals-Siezenheim Stadion di Salisburgo poi. Oppure come quello che la Roma troverà sabato sera a Novara e che è considerato un modello da imitare un po’ dappertutto per tutta una serie di motivi. Intanto perché permette di giocare tutto l’anno con qualsiasi condizione atmosferica. E poi perché, così pare, avendo un fondo perfetto non sarebbe neppure pericolosa in termini di infortuni. Insomma, tutta un’altra storia rispetto al primo esemplare di erba sintetica che venne messo a punto da un gruppo di ricercatori della North Carolina State University. Erba che venne poi impiegata a partire dal 1965 sul terreno dell’Astrodome di Houston Texas per essere poi utilizzata su vasta scala negli Stati Uniti e in Canada negli anni 70 per campi da football americano e baseball. Ed è proprio quello il periodo che ci interessa. Perché sul finire della stagione 1976-77 la Roma, con in panchina Trebiciani, partì per una tourneé alla volta degli USA per portare il nostro calcio lì dove il Soccer stava avendo la sua esplosione grazie ad una serie di grandi stelle che andavano lì a terminare la loro carriera attratte da fiumi di dollari. E così alla fine di maggio del 1977 la comitiva giallorossa composta da 15 giocatori sbarca al JFK airport di New York. Prima amichevole in programma quella con gli Apollo. Le due squadre scendono in campo il 29 maggio sul terreno della Hofstra University a Long Island. Ed è lì, al momento del fischio d’inizio dell’arbitro De Albis di Bari, che la Roma per la prima volta nella sua storia gioca sull’erba sintetica. Di quella esperienza Trebiciani ha detto: «E’ stato lì che per la prima volta nella mia vita ho visto un campo in sintetico. Era bellissimo. Lì il calcio era già spettacolo. A New York gli italo-americani correvano per venirci a vedere». La Roma quella prima partita la vinse per 2-0 con le reti di Maggiora e Boni, quest’ultima su assist di Bruno Conti.
La formazione iniziale era la seguente: Paolo Conti, Sandreani, Maggiora, Rocca, Santarini, Chinellato, Bruno Conti, Boni, Di Bartolomei, De Sisti, Prati. Ma dopo sei minuti Rocca fu costretto ad uscire per infortunio. Trebiciani, seduto in panchina, si voltò e fece cenno di scaldarsi ed entrare ad un ragazzo che aveva da poco compiuto 22 anni e che sembrava essere una grande promessa per i colori giallorossi, ma che alla Roma ci resterà poco. Almeno da calciatore. Il ragazzo in questione era Walter Sabatini, l’attuale direttore sportivo giallorosso, che giocò tutta quella partita così come quelle successive del primo giugno a Vancouver contro i Whitecaps, dell’11 giugno al Metropolitan Oval di Brooklin e quella del 15 giugno in Florida contro i Tampa Bay. Trentaquattro anni e mezzo dopo, Walter Sabatini torna con la Roma sul sintetico. Anche se, con ogni probabilità, la partita come da abitudine se la guarderà a distanza, dall’alto. Ma di certo non sarà una prima volta. La Roma, il sintetico, Sabatini, è tutto già successo. Con una differenza: stavolta l’America sta qua.
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