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E per Passarella «El Coco sembra Rivera»

(La Gazzetta dello Sport – L.Calamai) – Sei mesi fa Daniel Passarella, mentre passeggiava sul campo del Monumental assieme all’amico Braida, indicò Erik Lamela: «Sai chi mi ricorda? Rivera. Ha la stessa eleganza» .

Redazione

(La Gazzetta dello Sport - L.Calamai) - Sei mesi fa Daniel Passarella, mentre passeggiava sul campo del Monumental assieme all’amico Braida, indicò Erik Lamela: «Sai chi mi ricorda? Rivera. Ha la stessa eleganza» .

Tutto mentre il talento del River raccontava che Kakà era il campione dei suoi sogni. Però Lamela gioca più avanzato di Gianni e non ha la progressione di Ricky. Il passato

Un passo indietro. «El Coco» poteva diventare il Messi del Duemila. A dodici anni viene avvicinato dai dirigenti del Barcellona: offerta da 120.000 euro di stipendio, contratto con la Nike, un lavoro al padre. Erik vacilla, ma la famiglia frena. Papà Josè, panettiere, e mamma Miriam bussano al River: più o meno stesso ingaggio e la possibilità per la famiglia di restare a vita proprietaria del 20%del cartellino. Lamela brucia le tappe nei Millonarios. Vince un titolo giovanile segnando con la «rabona» : immagine cult per i ragazzini di Buenos Aires.

Il presente Il resto è storia d’oggi. «El Coco» diventa la stellina del River, ma non evita la retrocessione. Con i Millonarios si ferma a una quarantina di presenze e una decina di reti. Ex giocatori argentini hanno partecipato al gioco: «Chi vi ricorda Lamela?» . Noi lo abbiamo visto nelle due partite di spareggio contro il Belgrano, dove contavano molto i nervi. Erik ha movenze da Pastore, ma gioca nella mattonella di Cassano. È raro vederlo in copertura, entra in pista quando gli consegnano il pallone. Allora con il sinistro diventa una minaccia. Si dice sia «un possibile erede di Riquelme perché ha istinto» . Di certo ha piedi, ma segna poco per essere una seconda punta. Passarella era convinto che la soluzione giusta sarebbe stato un altro anno nel River. Ma la retrocessione ha cancellato l’ipotesi. Nella seconda lega argentina più che giocare si fa la guerra