(La Gazzetta dello Sport - A.Catapano) - L’opposizione è diventata un partitino, la maggioranza si è allargata e ha i numeri per portare a termine la stagione senza dover chiedere la fiducia prima di ogni partita.
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E ora Jeremy
(La Gazzetta dello Sport – A.Catapano) – L’opposizione è diventata un partitino, la maggioranza si è allargata e ha i numeri per portare a termine la stagione senza dover chiedere la fiducia prima di ogni partita.
Montella è un premier con consensi in continua crescita: nominato un mese fa come tecnico d’emergenza, col compito di risolvere i gravi problemi della Roma e traghettarla verso la Terza Repubblica americana. Si è messo subito al lavoro, con l’autorevolezza di chi è convinto di completare la legislatura. Ha raddrizzato la barca e ha riacceso speranze. Ha fatto proseliti, ottenuto consenso, rafforzato il governo con un rimpasto. Ha riportato Intanto si consola con la convocazione della Francia. Ieri Montella lo ha provato con Taddei e Perrotta dietro Totti dentro figure di spicco, con incarichi di rilievo: Doni, Pizarro, Vucinic, tutti ministri cui ha restituito il portafoglio. Totti, è il superministro con cui ha avviato la stagione delle grandi riforme. Il ritorno al 4-2-3-1 è stato un po’ come cambiare legge elettorale, aumentare l’intensità degli allenamenti e aprirsi alle nuove tecnologie come dotare la squadra di una poderosa manovra economica. Con lui si è aperta una nuova fase, quella della riconciliazione romanista: stop a litigi, aggressioni, isterie, ricerca del dialogo, aperture al confronto. Oggi la grande maggioranza della Roma vota per Montella, l’opposizione è diventata un gruppetto.
Opposizione mini Giocatori delusi, arrabbiati o accantonati. I nomi sono noti: Julio Sergio, fatto fuori senza troppi complimenti. Fabio Simplicio, retrocesso da ministro a sottosegretario. Matteo Brighi, che continua a lavorare nell’ombra in attesa che un pizzico di gloria tocchi pure a lui. Leandro Greco, lanciatissimo nel precedente governo ora quasi sparito dalle cronache. Marco Borriello, ex punta di diamante un po’ troppo spregiudicata pure lui ridimensionato con provvedimenti disciplinari. E, infine, Jeremy Menez, astro nascente, ma troppo discontinuo e poco votato al sacrificio. Perciò, rimesso in panchina e ricaduto in depressione.
C’è caso e caso Con umana comprensione ma del cinismo: ci sono scontenti abbandonati al loro destino (Greco) o dati per persi (Julio Sergio, molto deluso), altri invece ritenuti recuperabili. Brighi non ci ha rimesso troppo con il cambio, era una valida alternativa con Ranieri e tale è rimasta. Anzi, gli acciacchi di De Rossi (problema al tendine d’Achille) e Pizarro (mal di schiena) potrebbero riproporlo già a Firenze. Simplicio si è già riproposto, e con successo, al derby: è entrato e si è conquistato il rigore. Borriello, invece, domenica ha masticato amaro in panchina, ma senza darlo a vedere che la multa presa una settimana fa per dichiarazioni non autorizzate ancora gli brucia e prima di lamentarsi la prossima volta ci penserà due volte. Fatto sta che il ritorno al 4-2-3-1 sta premiando Totti e limitando lui. Menez ha avuto la sua occasione con la Lazio e l’ha sprecata. La squalifica di Vucinic gliene dà subito un’altra, contro la Fiorentina. Ma Montella è disposto a offrirgli l’ennesima ricandidatura? Buon per Menez che almeno sia arrivata la convocazione della Francia. Così, nel caso, si consolerà con un posticino al Parlamento europeo.
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