(Il Romanista-M.Macedonio) Finisce con Rosella Sensi in lacrime, mentre, sulle note di “Grazie Roma”, abbraccia quanti sono con lei in tribuna d’onore. Dal marito alla madre, dall’avvocato Ferreri agli amici e a tutti coloro che hanno condiviso questi suoi anni alla guida della società giallorossa.
rassegna stampa roma
E la Roma abbraccia Rosella
(Il Romanista-M.Macedonio) Finisce con Rosella Sensi in lacrime, mentre, sulle note di “Grazie Roma”, abbraccia quanti sono con lei in tribuna d’onore. Dal marito alla madre, dall’avvocato Ferreri agli amici e a tutti coloro che hanno...
Tutta la squadra va dal presidente che ha in mano la maglia della Roma.
La numero uno in quest’ultima partita di un’era. Ma, al di là del risultato della partita, non era così che se l’era immaginata, il tifoso romanista, l’ultima giornata di questo campionato. E quando entra in campo per il riscaldamento, la squadra deve ringraziare Francesco Totti, e i suoi 206 gol - che nel frattempo scorrono sul maxi-schermo, prima di diventare 207 - se il primo accenno di fischi viene subito sovrastato dai cori per il Capitano. E buon per lei se non riprendono a proiezione terminata, con i giocatori ancora alle prese con il torello. Non mancherà però di ricordarsene, la curva, al momento del rientro negli spogliatoi e poi, poco più tardi, quando lo speaker leggerà la formazione. “Ci fate schifo – recita uno striscione in curva Sud. – Tutti tranne Totti”.
E la conferma arriva con il fischio prolungato, ad ogni nome, e che lascia fuori solo Francesco, per il quale è pronta l’ovazione e il riconoscimento (un piatto d’argento con il ringraziamento della società per il nuovo record) che gli viene consegnato proprio da Rosella Sensi, accompagnata da Cristian e Chanel e dalla loro cuginetta, la figlia di Riccardo. E’ come sempre al suo posto, la Sensi, mentre James Pallotta, che pure era atteso all’Olimpico, ha scelto di rimandare ad altra (migliore?) occasione la sua prima presenza allo stadio, preferendo partire, proprio intorno alle 20,30, alla volta di Londra. Ufficialmente, per incontrare Baldini.
Ma chissà che l’esonero di Ancelotti non abbia contribuito, in qualche misura, ad anticipare il volo… Allo stadio, intanto, c’è ancora tempo per qualche bordata nelle prime battute di gioco, e poi - davanti ad una Sampdoria in maglia bianca, perché ritenuta dai propri tifosi non degna di indossare quella tradizionale a strisce orizzontali – per i cori che, fatte le debite proporzioni, sembrano quasi accomunare le due squadre nella contestazione: «Solo la maglia – canta la Sud – tifiamo solo la maglia!». E’ forse per questo che, se anche è mancato in tante occasioni, l’orgoglio dei giocatori – sia quelli di parte romanista che blucerchiata – prova, timidamente, a riaccendersi.
A conti fatti, all’Olimpico c’è più gente di quanta ce se n’aspettasse: i paganti sono più di diecimila e, nel corso dell’anno, tante, troppe volte, si è scesi al di sotto di questo valore. Non sono peraltro pochi neanche i tifosi doriani, le cui bandiere sventolano ininterrottamente nello spicchio del settore ospiti, mentre la Nord continua a ripetere quel «serie B, serie B», che un’intera tifoseria sognava di intonare fin da quel 25 aprile dello scorso anno. Una “liberazione” che arriva con tredici mesi di ritardo, anche se oggi sa così tanto di magra consolazione. Quando, poco prima della mezz’ora, la Samp va addirittura in vantaggio, la protesta della curva riparte, sonora. Ci pensa ancora una volta lui, il Capitano, a mettere le cose a posto. E allora, tanto vale dedicarsi ad altro. Molto meglio esultare per i gol del Lecce, sembra dirsi la Sud, che esplode ogni volta (rimarranno solo due) che il tabellone ne segnala uno. E meglio ancora, tenersi l’esultanza per il gol di Vucinic (anche se al momento della sostituzione non mancheranno i fischi per lui). Un gol cercato e voluto. E che strappa l’urlo anche a Rosella Sensi. Urlo che è di tutto lo stadio quando segna Borriello. E che si trasforma in un applauso, tutti in piedi, quando esce dal campo Totti. Perché, come canta la Sud, “C’è solo un Capitano”. Quella stessa curva che al fischio finale, con uno striscione, ricorda alla squadra, implacabile: “Un anno senza giocare.
Ma quando andate a lavorare?”. Fanno fatica, i giocatori ad andare sotto la curva, che li chiama. Qualcuno di loro ci va. A prendersi i fischi, anche per gli altri. Poi, è solo festa, con i bimbi in mezzo al campo. E, per alcuni ma non tutti, l’appuntamento al prossimo anno.
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