rassegna stampa roma

E Alberto non festeggia con i suoi nuovi tifosi

(Il Romanista – C.Zucchelli) Una gioia da professionista, un’amarezza da tifoso. Che, per ovvi e pure giusti motivi, non rivelerà mai, limitandosi a un «è stata una serata per me dalle forti emozioni». Al fischio finale di Rocchi,...

Redazione

(Il Romanista - C.Zucchelli) Una gioia da professionista, un’amarezza da tifoso. Che, per ovvi e pure giusti motivi, non rivelerà mai, limitandosi a un «è stata una serata per me dalle forti emozioni». Al fischio finale di Rocchi, Alberto Aquilani, pur felice della vittoria conquistata dalla Juve a Roma

, che il giorno dopo definisce «meritata,dopo aver giocato un grande secondo tempo» stava rientrando direttamente negli spogliatoi. Qualche abbraccio ai compagni di oggi, qualche saluto a quelli di ieri («con Totti e De Rossi ho scherzato, fa sempre piacere rivederli»), un bacio in tribuna dove c’erano parenti ed amici. Poi via, sotto la doccia. Matri e gli altri hanno provato a convincerlo ad andare sotto al settore ospiti dove c’erano i tifosi della Juventus che festeggiavano: lui per un attimo è stato tentato, preso per mano dai compagni, poi ha cambiato idea ed è sceso di corsa negli spogliatoi.

Fosse stato per lui, la Roma da avversario non l’avrebbe mai affrontata. Soprattutto all’Olimpico, lo stadio dove ha esordito e che, domenica sera, di fatto lo ha ignorato: qualche fischio quando ha tentato dal limite dell’area un pallonetto, ma poco altro. Questo si aspettava Aquilani e questo ha ricevuto, consapevole che il pubblico romanista, pur avendo capito che la cessione di due anni fa non è dipesa da lui, non potrà mai applaudire un giocatore che indossa la maglia della Juventus. Fosse stato sugli spalti, avrebbe fatto lo stesso. Questo è quello che ha confidato alle persone che più gli sono state vicine in una settimana che,per lui, non è stata facile: dopo l’impegno con la Nazionale, i suoi pensieri sono stati tutti per il ritorno all’Olimpico. L’ultima volta che era stato qui, con la maglia della Roma, era l’11 marzo 2009, giorno di Roma-Arsenal, di una caviglia a pezzi e di un rigore calciato solo con la forza della disperazione per un sogno che non doveva finire lì. Non immaginava, quella notte, che quella sarebbe stata la sua ultima partita in giallorosso: «Quando giocavo a Roma -ha detto ieri - non pensavo che sarebbe potuta succedere una cosa del genere». Almeno per ora non immaginane anche di tornare a indossare quella maglia con cui sognava di vincere tutto. E che, un giorno, potrebbe essere di nuovo sua. «Del mio futuro non so niente», ha ribadito ieri a Radio Radio prima e Sky poi, cercando di essere diplomatico proprio adesso che la sua vita è a una svolta. Come uomo, visto che tra qualche settimana diventerà padre di Aurora (e, neanche a dirlo, nascerà a Roma) e come calciatore, considerando che Juventus e Liverpool dovranno prendere una decisione sul suo futuro. Freddamente, senza emozioni. Quelle meglio lasciarle dentro al cuore, dove valgono più di mille parole ufficiali. Valgono quasi come un festeggiamento mancato e un rientro in fretta e furia negli spogliatoi.