(Il Romanista) - Ecco la lettera letta da Piefrancesco Favino l’altra sera al MAXXI, durante il brindisi di Natale della Roma e che ha colpito parecchio i giocatori.
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E al MAXXI la squadra resta colpita dalla lettera di Giovanni, romanista di Milano
(Il Romanista) – Ecco la lettera letta da Piefrancesco Favino l’altra sera al MAXXI, durante il brindisi di Natale della Roma e che ha colpito parecchio i giocatori.
Gli stranieri se la sono fatta tradurre. L’autore è Giovanni Chiarelli, un tifoso romanista trapiantato a Milano. Da venticinque anni vivo fuori Roma, ma è come se non avessi mai varcato quel casello. E non per sentito dire vi racconto perché la passione di un romanista è diversa da quelle delle squadre a strisce. Oggi sono più di 10 anni che vivo a Milano, la mia fidanzata è milanese e spero di mettere su famiglia qui. Sono uno di quelli ben integrati… E io da qui dal mio punto privilegiato se fa pe dì, di osservazione, so per aver visto.
La romanità è quel cordone ombelicale che nessuna ostetrica ti riesce a tagliare, è quello sguardo che te incroci pe strada in vacanza dall’altra parte del mondo come in trasferta e te sei capito, è quel passo indolente e sciavattato che sembra ditte: aoh, ma ndo ...zzo semo finiti... è quella battuta pronta colla vocale strascicata che o cell’hai o nun te la poi inventà... è la tenuta con cui hai vinto e che nun se cambia... a costo de facce cresce le lumache sotto al maglione di lana doppia a maggio... è aoh a bibbbitaro... aoh abbella viè qua. È "aoh, saremo stati trentamila"... eh sì, ogni tanto ingigantire un po’ le cose, i numeri come fanno i pescatori..ma che c’è di male... in un mondo in cui non sappiamo più sotto quale vessillo metterci, la Roma è quel simbolo che sopperisce un po’ a tutta questa vacanza di riferimenti... li copre tutti lei, e quindi per lei una certa parte d’Italia ti odia, altri ti invidiano e tu fai altrettanto: Roma contro Milano, contro Torino. A Milano il calcio è qualcosa di più di una bella stagione di lirica alla Scala... è aperitivo colla sciarpa al collo. Qui la passione è controllata, non in grado di scavarti... naturalmente ci sono delle eccezioni, ma in generale basta entrare a San Siro e ascoltare i cori della curva: oltre al karaoke iniziale del pazza Inter, sentirai solo... olé olé olé Inter Inter ..[...]
Ma vuoi mette col juke box della Sud? I misteri dei cori... ma chi se li inventa...? Come le barzellette, come le code in autostrada ma dove nascono...? I cori a Roma segnano le epoche... c’erano gli anni del siamo i tifosi della Roma, poi dammitrepunti, poi sei fantastica superfantastica, in casa e in trasferta, dai rioni e dai quartieri, battiamo le mani ai veri romani, fino ad arrivare a voglia di stringersi un po’… Passando da ogni tifosetta se fa ardita. Quando esce un coro nuovo te lo ripassi in testa per impararlo e non farti trovare impreparato la domenica dopo e magari fischiettarselo il martedì al bar davanti ar Coriere doo Sport. E allo stadio poi abbonati a parte, a Milano è raro vedere gente che si incontra per sbaglio sugli spalti... ma questo è così come nella vita... a Roma, nonostante siamo in 5 milioni... sarà la vita di quartiere sarà che siamo cresciuti col mito della comitiva, sarà lo iodio, ma capita che ci si incontri... aoh, tacci tua... ma nun te fai senti... aoh abbello... fra un semaforo e l’altro. [...]
Ma vi rendete conto parlare a un ragazzino di 10 anni di una città che aveva creato il più grande impero del mondo…? Uno si esalta, uno si crede invincibile... si capisce che qualcosa è cambiato, ma il nome è rimasto lo stesso... e questo è quello che conta per chi non si fa troppe domande. Poi c’è tuo padre e tuo nonno, e tuo zio che vanno allo stadio e tu inizi a capire che qui si parla di ragione di vita accompagnata da qualche litigata che senti fra tua madre e tuo padre per il tempo che lui dedica alla Roma e non ad altro… Ed è come se a tua insaputa si fosse già insinuata in te la consapevolezza di una vita di sofferenze... È così che si forma un romanista... e manco se ne accorge... ripeto. Non che nel frattempo a 600 km di distanza accadano cose diverse. Pure a Milano i bambini si comprano le magliettine dei loro idoli e tifano per sentito dire. Questo non è estremismo capitolino, io qui ci vivo. Qui è tutto più controllato... come se sia poco educato lasciarsi andare. Qui finito il gesto atletico, dopo la coda normale del lunedì, finisce tutto lì. La prima cosa che i miei amici di Milano mi dicono quando tornano da Roma è: oh, ma tutti i tassisti la mattina ascoltano le radio della Roma e della Lazio…ma siete matti.[...]
A Roma per settimane eviti di telefonare all’amico laziale anche se manca un mese al derby. Ma che non lo sai che il sogno di Totti è farsi una passeggiata in santa pace con moglie e figli a via del Corso… lo sai che ce stanno famiglie che vanno in vacanza a Brunico, “aoh lo sai che ho visto De Rossi al centro commerciale!”. Guarda che Antonello quando diceva “che me fa sentì importante anche se nun conto gnente” mica giocava de fantasia.... La Roma dà un senso di vita a molta gente... io una vita ce l’ho, ma non mi vergogno a dire che la Roma me la completa e farlo capire alla mia ragazza non è stato semplice, ma ora so che ha capito... È vero che a volte noi tocchiamo picchi di follia non indifferente, ma quant’ bello andare a casa della mia amica a sapere che suo padre ha fatto una sala dedicata agli amuleti della Roma, con tanto di altarino per pregare le immaginate sacre… Io qui a Milano ste cose non le ho mai sentite e ne frequento di interisti e milanisti eh... loro sentono che io la vivo in modo diverso... qualche “tu sei matto” me lo so portato a casa negli ultimi 10 anni. Ma che bello sentisselo dì... hai fatto questo e quello pella Roma... ma tu sei matto…! Sei andato su un furgone fino a Bari e un’altra volta a Napoli...? Ecco... le trasferte... io non le ho mai fatte quelle in treno perché le mete lontane per chi partiva da Roma per me erano a du sputi de benzina.
Ma una volta dentro lo stadio era sempre, anzi è sempre, come se pur’io m’ero fatto 700 km con la sveglia all’alba. Allo stadio ho imparato a godermi il mio spirito d’osservazione... che bello guardare le facce da trasferta, potrei fare 500 identikit del romano tipo… quello a torso nudo, quello colla camicia a fiori, quello col capello da moicano fatto dal cugino parrucchiere, quello aspirante fascistello con più brufoli che giorni a scuola, il nonnetto col binocolo, il 50enne col riporto che sventola, la buzzicona che si riabilita sugli spalti, la bella ragazza colla maglia di Totti attillata con a fianco sua mamma, una 50 enne col foulard giallorosso di Hermes e l’occhiale alla Sandra Mondaini… come ve conosco... allo stadio c’è chi impara la vita e chi forse anche l’educazione... anzi, impari quello che te pare. Io per esempio ho imparato i modi di dire…ma che cerchi Maria pe Roma...? Aoh te manno all’alberi pizzuti... ma che c’ho na sveja ar collo..? E la sveglia me la sono messa presto domenica, il tempo di andare a prendere i miei amici lupacchiotti nella nebbia e partire. Sì perché come andava andava, domenica dovevamo sta fra di noi, coi nostri ragazzi, coi nostri dolori, perché ce lo sapevamo che finiva così, perché quel non succede ma se succede era figlio scontato della solita dea bendata che sarebbe ora de chiamalla cieca... ma semo fatti così... Fregnacce a parte, a speracce eravamo in 20 mila... un popolo emigrato in massa come chiamato a votare... come alla Mecca del nun succede ma... e conti i minuti prima di arrivare al casello. Sì perché è lì che inizi ad avere la percezione del “quanti semo!”... poi aoh se beccamo sotto l’orologio, quello vicino a… ah, ndo ce fanno i concerti…
E allora rieccoli a trascinà quelle ciocie in centro, spettacoli non sempre belli a vedersi, complice il primo caldo... panze costrette da maglie che starebbero strette pure a Pizarro, sblusate su jeans calati modello Anas... aoh moo dai no strappo ao ssadio... ennamovà... robba che se me lo chiede domani sul lungotevere, col cacchio che te lo do... ma la Roma annulla tutto... anche se basta vedè da come te metti la sciarpa, pe capì da che zona vieni. vero, 45enne di Roma Nord che passi davanti a mondi colla sciarpa bella impaginata al collo, come na cravatta...? Le regole non scritte poi dicono che un’ora prima devi sta dentro. E lì stavamo… a studià l’avversario... a prende confidenza col contorno, a fa cascà pe terra la birra del vicino per poi annajela a ricomprà... si parte..e sai quando partirà quel determinato coro e allora lo lanci dalla bocca come un dardo infuocato... “tutta la mia fede è GIA LLO ROSSA!”... e poi capita che col passare dei minuti senti l’umore della squadra e allora sai che tutti insieme capiremo quando sarà il momento de daje na mano... credetemi questa è un’altra cosa che non è scontata... non accade ovunque... è come se fossimo gli psicoterapeuti dei nostri ragazzi e sapessimo quando hanno bisogno di noi..E quando arriva, perché arriva , il momento de fa parti ”ma che ce frega”, allora vor dì che amo perso, o almeno così dicono l’altri. Noi qua in 20 mila, dice che erano ventimila pure quegli altri a Siena, così ho letto... Ma com’è che quelli loro me sembravano de meno...? Vuoi vedè che la differenza sta tutta qua...?
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