(Il Messaggero-F.Persili) Diciotto anni, e una storia che sembrava, come certe partite, non finire mai. Diciotto anni, tanto è durata l’epoca dei Sensi, anche se sono molti di più, perché il papà di Franco, Silvio, ha legato il suo nome all’epopea di Campo Testaccio, il mito fondativo della società giallorossa.
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Dinastia Sensi, 18 anni d’amore
(Il Messaggero-F.Persili) Diciotto anni, e una storia che sembrava, come certe partite, non finire mai. Diciotto anni, tanto è durata l’epoca dei Sensi, anche se sono molti di più, perché il papà di Franco, Silvio, ha legato il suo nome...
Dal 1993 al 2011, una famiglia sola al comando e un vortice di ricordi, fiori, lacrime, abbracci che scorrono sui titoli di coda mentre Rosella incassa i ringraziamenti dei giocatori e pensa a papà Franco. Davanti c’è ancora la Sampdoria, come al momento di un altro passaggio di consegne, quello tra Flora Viola e Ciarrapico. All’Olimpico, e non a Marassi, come nel maggio di diciotto anni fa, la prima trasferta di Sensi da co-proprietario della Roma, al tempo della diarchia con Pietro Mezzaroma. La Samp, la squadra che è stato il capolavoro imprenditoriale e sportivo dell’amico petroliere Paolo Mantovani, con cui Franco Sensi condivise la stessa scuola, e da cui ereditò il ruolo di ultimo presidente tifoso, quando l’otto novembre 1993 diventò il padrone unico della Roma. Diciotto anni, quelli che non aveva ancora Totti al suo esordio in serie A, il numero Dieci, premiato prima della partita da Rosella Sensi, è stato “il figlio maschio” di Franco Sensi, anche se con Carlos Bianchi rischiò, prima della provvidenziale amichevole con l’Ajax, di andare in prestito proprio alla Sampdoria. Una delle sue vittime preferite, la squadra dei suoi gol più belli: al volo, di sinistro, con tutto Marassi in piedi ad applaudire, oppure sempre con i blucerchiati, in casa, stagione 2003/2004, quando il Capitano prese palla a metà campo, superò quattro giocatori e scavalcò Antonioli con un mezzo cucchiaio: «In quell’azione è come se avessi preso la squadra sulle spalle». Come avrebbe fatto altre volte durante questi diciotto anni.
Totti è stata la luce più fiammeggiante di una società che da Rometta si è fatta Lupa, tra gli sputi e i calci che il cavalier Franco prendeva i primi anni in trasferta, la diffidenza e gli striscioni più feroci del Colosseo giallorosso: “Cragnotti comprate Sensi”. Il presidente più contestato, e con Dino Viola, quello più amato. Il papà del terzo scudetto. Diciotto anni anche di debiti e sacrifici, fino a quando il vecchio patriarca lascia il bastone del comando alla figlia Rosella «che ha imparato e sa fare tutto». A lei non riesce di dedicargli la Supercoppa, e nemmeno lo scudetto, che l’anno scorso sfugge dopo una sconfitta in casa contro la Sampdoria. Il destino si diverte e sceglie la squadra blucerchiata per l’ultima partita di questi diciotto anni che hanno spinto la Lupa al di là della sua linea d’ombra, fuori dal raccordo anulare. Ma la storia da queste parti non si dimentica, né si può dimenticare la famiglia Sensi, che dentro questa storia ci ha messo idee, soldi e una passione infinita. Diciotto anni, una vita per la Roma. E la Roma a vita.
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