rassegna stampa roma

DiBenedetto ha detto stop

(Il Romanista – R.Smitt) Mai più Catania. Mai più prestazioni come quelle di Catania ci dovranno essere nella nuova Roma targata DiBenedetto.

finconsadmin

(Il Romanista - R.Smitt) Mai più Catania. Mai più prestazioni come quelle di Catania ci dovranno essere nella nuova Roma targata DiBenedetto.

I nuovi proprietari e i nuovi dirigenti giallorossi non hanno per niente gradito il crollo di domenica scorsa della Roma, l’atteggiamento è stato ritenuto «intollerabile e irripetibile».

 

Mai più Catania perché molti dei protagonisti della figuraccia del Massimino non faranno più parte della Roma. Al 90% non ci sarà più Vincenzo Montella. Il tecnico tanto amato dai giocatori ha fallito entrambi gli obiettivi che aveva, per la Roma e per sé: Coppa Italia e quarto posto. E se l’eliminazione di Milano aveva ancora almeno la parvenza di un’uscita a testa alta, quello che è capitato a Catania è stato il peggio del peggio, per lui e per la Roma. In generale il lavoro di Montella è stato apprezzato dalla nuova dirigenza romanista, ma all’ex allenatore dei Giovanissimi Nazionali è mancato lo scatto finale, il guizzo, l’abbrivio, semplicemente non ha ottenuto niente. A questo punto, oltretutto, una sua riconferma sarebbe mal digerita dalla piazza.

A lui non hanno sicuramente fatto bene le parole al miele dei suoi giocatori: i protagonisti di una squadra che ha fatto quello che (non) ha fatto quest’anno non avrebbero potuto far servizio peggiore al «tecnico gradito». E poi, soprattutto, alle parole non sono seguiti i fatti. Ecco quelli servono adesso.

Questa settimana si stringe. Finito il campionato si attende il nome del nuovo tecnico. Lunedì, al più tardi martedì, Walter Sabatini, prossimo direttore sportivo dal prossimo primo luglio, si insedierà a Trigoria. Baldini è in Inghilterra, dove c’è ancora anche Carlo Ancelotti. Almeno fino alla prossima settimana. Andiamoci dentro. Anche se la Roma non ha centrato la Champions League, anche se le ultime dichiarazioni dell’allenatore sono parse sin troppo "attendiste" - per usare un eufemismo - e non hanno fatto piacere a molti, anche se tecnicamente ha ancora un contratto col Chelsea, Carlo Ancelotti resta uno dei nomi caldi per la Roma. Per una serie di ragioni. Innanzitutto proprio le dichiarazioni: quando andò al Chelsea ne fece praticamente delle identiche, fino quasi a confermarsi in radio al Milan la mattina prima che nel pomeriggio arrivasse l’ufficialità di Abramovich. Cortina fumogena, dunque.

Il Chelsea, poi, molto difficilmente lo confermerà, malgrado gli attestati di stima dei suoi giocatori (è una costante il buon rapporto fra Ancelotti e lo spogliatoio, ma è una variabile rispetto al discorso fatto prima su Montella). Ancelotti non può dire che se ne andrà sicuramente dal Chelsea perché un conto è dimettersi, un conto è essere licenziato. Pensare che Baldini e Ancelotti non si parlino è ridicolo, pensare che Ancelotti non abbia nel cuore la Roma ancora peggio. Ci sono altri aspetti da sciogliere. Certo, se non arrivasse quest’anno, quando tutte le contingenze sono favorevoli, lascerebbe i romanisti con l’amaro in bocca. Ancelotti ancora è dentro quindi, così come - a sorpresa, ma non troppo - è in corsa André Villas Boas. L’enfant prodigeportoghese, malgrado le dichiarazioni di appartenenza al Porto e le varie clausole rescissorie, ha fatto sapere ai nuovi dirigenti che la risposta definitiva la darà soltanto dopo la finale di Europa League contro il Braga.

Lui - si è sempre scritto e detto - ha il profilo del tecnico ideale. Vero, ma non verissimo. Perché c’è un nome e un cognome che rappresenta il non plus ultra ed è quello di Jurgen Klopp, tecnico di 44 anni che ha riportato il Borussia Dortmund alla vittoria della Bundesliga dopo 10 anni. Giocando non con nomi, e giocando benissimo. La sua carriera fa scalpore: dagli esordi col Mainz all’ultimo trionfo. Dalle parti di Trigoria lo definiscono «inarrivabile».D’altronde è campione di Germania e farà la Champions League... Sicuramente è "arrivabile" Delio Rossi. Ci sono anche qui mille motivi per cui quello dell’allenatore del Palermo potrebbe essere il nome giusto: il legame con Sabatini, la qualità del gioco, i risultati (la finale di Coppa col Palermo, quella vinta con la Lazio) la buona impressione e il gran ricordo, anche umano, che ha sempre lasciato nei posti dove ha lavorato, la capacità, il giusto compromesso fra rischio e prudenza, cioè attacco e difesa, spettacolo e risultati, la sua ambizione e la sua voglia di allenare un grandissimo club. In più c’è il legame con Pastore.

Con Rossi arriverebbe al mille per mille colui il quale è stato definito dal suo attuale tecnico «il nuovo Falcao». Basterebbe un tirocinante di psicologia per capire che quello assomiglia tanto a un lapsus... Mille motivi, ma ce n’è uno enorme come Roma a frenare la nuova dirigenza: Roma, l’ostracismo della piazza. Rossi ha già detto che per lui non sarebbe un problema il suo passato laziale. Per lui, ma per i tifosi sì. Digerire il tecnico del tuffo al Fontanone, e della super esultanza al gol di Behrami non è cosa semplice. Certo immaginare la stessa cosa ai danni della Lazio sarebbe addirittura sublime, ma da qui a realizzarlo c’è troppo in mezzo. Troppo. E troppe cose in cantiere. E più da fare.

Il parco giocatori cambierà in maniera importante: dovrebbero essere otto i volti nuovi a Trigoria, i due big (Buffon e Pastore restano nomi caldi) e sei giovani di valore sui quali lavorare. Ma anche nel settore dirigenziale il cambiamento sarà profondo. Ieri ha parlato tanto Pasquale Sensibile, direttore sportivo del Novara: «Per me Sabatini - ha detto - è un riferimento importante e se arrivassero i presupposti per lavorare con lui darei il massimo della disponibilità. Quando ci sarà qualcosa di concreto valuterò se questa esperienza potrà essere funzionale al mio percorso professionale. Eventualmente non verrei a fare solo l’osservatore». Eventualmente, ma il suo arrivo almeno al momento è ancora poco probabile. Al momento. Vero che la situazione è più che mai in divenire. Vero quello che ha detto ieri sera Montali: «Quando arriva la nuova società? Molto presto».

C’è chi dice che all’Olimpico contro la Sampdoria ci potrebbero essere sorprese, d’altronde a Boston Pallotta aveva dato appuntamento per quella data. Bisogna solo capire qual è il segnale di discontinutà più grande da dare rispetto a Catania. Perché a quello gli americani tengono, quello è quello che daranno. E chi non capisce è meglio che cominci a farlo.