(Il Romanista - D.Galli) -«A volte vado a controllare le presenze. Poco tempo fa ho superato Di Bartolomei e mi è sembrato quasi un oltraggio. Sono queste le cose che mi emozionano» (Daniele De Rossi)
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De Rossi: «Pronto per il derby». Pensando ad Ago
(Il Romanista – D.Galli) – «A volte vado a controllare le presenze. Poco tempo fa ho superato Di Bartolomei e mi è sembrato quasi un oltraggio. Sono queste le cose che mi emozionano» (Daniele De Rossi)
Le cose che emozionano De Rossi, Gaia a parte - «per me prima c’è mia figlia, poi niente, poi il calcio» - sono cose che gli altri, gli umani, non potranno mai capire. Noi sì. Noi siamo alieni, «fanatici» sostiene Pjanic, di questi colori. Noi siamo romanisti all’ultimo stadio. Quello prederby. Lo stesso di De Rossi, che tra 72 ore si caricherà sulle spalle questa Roma dal volto così innocentemente sbarbato di Bojan, rimedierà ai peccati di gioventù di un gruppo che non sa ancora quanto sia fico battere la Lazio, e batterla per la sesta volta sarebbe di più, sarebbe orgasmico. Daniele cavalcherà l’Olimpico tenendo per mano la Roma. Non sarà un semplice mastino davanti alla difesa, un difensore aggiunto, un mediano tre metri davanti l’area e tre metri sopra il cielo, angelo custode di un popolo che vive di sogni, di coppe e di campioni. Sarà più di un Busquets 2.0. Sarà quello che è Walter Sabatini fuori dal campo. «Difenderò i nostri giocatori anche fisicamente», avvisò il grande capo del mercato romanista nella sua prima conferenza stampa. Non scherzava affatto.
Ecco, chiudete gli occhi e provate a immaginarvi tra 72 ore uno scontro tra l’attempato Klose e quella scheggia impazzita dagli occhi bambini di José Angel. Calma, tranquilli, state ’bboni, ci penserà lui. Il vice di Francesco Totti, il capitano contro la Lazio, l’uomo che ama la Roma. Ecco il derby secondo De Rossi: «Questa partita la sento e ci tengo molto. Sono fortunato perché gli ultimi li ho sempre vinti. A 21-22 anni il derby lo vivevo male e non facevo buone partite, ora la tendenza è cambiata e ho grande tranquillità. Dite che non ci sarà Totti? Io le responsabilità che mi prendo sono le stesse, con o senza Francesco. Ma non sono sicuro che non ci sia, la storia ci ha insegnato che spesso ci sono grosse sorprese fino all’ultimo. Vi ricordo che contro l’Arsenal ha giocato da zoppo e con le punture. Se c’è una partita in cui lui può fare qualcosa di più, è il derby. La fascia di capitano? Non ho la fissa della fascia, né con la Roma, né con la Nazionale, sono due cose che probabilmente un domani mi toccheranno, ma non è un assillo». Quella fascia non è un assillo, per Daniele è un dovere morale e allo stesso tempo un piacere. Come un anno fa per Lazio-Roma 0-2 (gol di Borriello e del calciatore-senza-sorriso), De Rossi la indossa con disinvoltura e autorevolezza.«A volte vado a controllare le presenze, poco tempo fa ho superato Di Bartolomei e mi è sembrato quasi un oltraggio».
Registrate quest’ultimo passaggio, tenetelo a mente, tornerà utile dopo. Perché poi De Rossi risponde così alla domanda sul rinnovo: «Io penso che sia più importante il futuro della Roma che il mio. A prescindere dal mio contratto il club giallorosso sta creando qualcosa di importante. Se non rinnovo io risparmiano bei soldi e prendono altri calciatori importanti, forti come me. Il mio rinnovo non deve essere un assillo». Qualcuno, anzi più di qualcuno, ha letto in queste parole l’intenzione opposta a quella reale: De Rossi non vuole firmare. Falso. Ancora una volta, Daniele non si trincera dietro le frasi di circostanza. Avrebbe potuto dire che non c’è alcun problema, che il rinnovo si farà, che la Roma è la sua vita. È vero, la Roma è la sua vita. Ma quello è sentimento, la ragione è un’altra cosa. E Daniele De Rossi è una persona sincera. Non mente mai. Daniele chiede 6 milioni l’anno tra ingaggio e premi (individuali e collettivi) e quindi tra parte fissa e parte variabile. La Roma propone 3 milioni e mezzo di fisso, più circa un altro milione in premi. Tra domanda e offerta balla quindi quasi un milione e mezzo. La Roma vuole rinnovare, De Rossi pure. Ma quella distanza va colmata in qualche modo. Questo contratto, dicono a Trigoria, andava fatto due anni fa. Adesso è tutto più complicato, perché Daniele è un top player che sta per andare a scadenza.
Contrattualmente, è logico che sia in una posizione di forza. Se non si fosse chiamato De Rossi, se si fosse chiamato Mexes (per esempio...), a quest’ora non ci sarebbe più partita. Un giocatore come Daniele ha un mercato infinito, andando via a parametro zero potrebbe incassare cifre nettamente superiori ai 6 milioni richiesti. Franco Baldini e Sergio Berti, l’agente di De Rossi, sono grandi amici. Vero. Ma per riuscire a chiudere questo rinnovo non sono sufficienti i buoni rapporti personali. Serve che entrambe le parti facciano un passo avanti. A Daniele ne basta uno, la Roma ne dovrà fare due. A Trigoria non hanno alcuna intenzione di risparmiare sul contratto di colui che fra tre giorni porterà sulle spalle la Roma. Da capitano coraggioso. Da bandiera di un calcio che quando domenica guarderete la Tevere vuota capirete che non c’è più. Ci svuotano gli stadi con provvedimenti barbari, ma riusciamo a far entrare ancora le nostre bandiere. Come De Rossi. Forse Pjanic ha ragione, amiamo così tanto questa maglia da apparire «fanatici». È così che ci giudicano gli altri. I comuni mortali. Noi siamo altro, noi siamo alieni, noi siamo romanisti. E in quel noi c’è anche Daniele
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