(Gazzetta dello Sport-M.Nicita) Cosa poteva fare, se non l’allenatore, uno che ha cominciato a giocare al fianco di Pep Guardiola? E non solo, perché Ivan De La Peña nella sua esperienza italiana ha incrociato:
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De La Peña Mister 30 miliardi Luis Enrique stravede per lui
(Gazzetta dello Sport-M.Nicita) Cosa poteva fare, se non l’allenatore, uno che ha cominciato a giocare al fianco di Pep Guardiola? E non solo, perché Ivan De La Peña nella sua esperienza italiana ha incrociato:
Roberto Mancini, Sinisa Mihajlovic, Diego Pablo Simeone. Ecco perché non sorprende la chiamata di Luis Enrique come collaboratore, dopo il pianto liberatorio del mese scorso, quando Ivan ha annunciato a Barcellona il suo ritiro, a 35 anni.
Esperienza in panchina Beh a essere cattivi, proprio alla Lazio De La Peña ha maturato la sua esperienza in panca. Perché nonostante le credenziali enormi con le quali giunse a Roma, i numeri sono implacabili: 14 presenze (delle quali solo 4 da titolare) e nessun gol nella stagione ’ 98-’ 99, quella dello scudetto perso in volata sul Milan dalla squadra di Sven Goran Eriksson che stava costruendo un’orchestra fatta di grandi campioni in cui lo spagnolo provava invano a far da solista. Dopo quella, deludente, stagione, il piccolo Buddha (così chiamato per le sue rotondette fattezze) viene mandato in prestito all’Olympique Marsiglia, dove non combina granché, ma in compenso la Lazio riesce a vincere scudetto, coppa Italia e Supercoppa europea in esaltante sequenza. Poi un tentativo di rientro al Barça (ma anche lì un buco dell’acqua), e un’altra stagione anonima quella del 2001-’ 02: 1 presenza -alla Lazio prima dell’addio all’Italia, senza rimpianto alcuno. Tornando a Barcellona, sponda Espanyol, dove ha chiuso col calcio giocato proprio un mese fa, acciaccato da una serie di infortuni.
Mister 30 miliardi E dire che le premesse erano di tutt’altro genere. Perché l’operazione De La Peña alla Lazio fu quasi una spy-story con depistaggi e misteri che, col senno di poi, non sorprendono più di tanto visti i protagonisti in campo, vale a dire i signori delle plusvalenze: Vinicio Fioranelli -come si suol dire un marchio e una garanzia -e Sergio Cragnotti, entrambi oggi alle prese con pesanti situazioni penali da sbrogliare in sede processuale. E quel cartellino formalmente strapagato -30 miliardi di lire -sembrò essere un colpaccio di mercato. Di quelli che facevano venire la bile al presidente della Roma Franco Sensi, che lo spagnolo aveva seguito. Tanto che a precisa domanda, l’uomo del secondo scudetto alla Roma, con una rima infelice esclamò: «Io non cerco De La Peña ma de la fregna» .
Accoglienza Ivan non dimenticherà mai quella dell’ 8 luglio ’ 98 a Formello: tremila persone che bloccano la Cassia Bis, scene di delirio, quasi fosse arrivato il nuovo vate. L’esordio a Torino, da titolare: Supercoppa italiana vinta a casa della Juve 2-1. Poi l’anonimato e quella panchina che -forse -ritroverà all’Olimpico, stavolta al fianco di Luis Enrique. Si dice che i problemi oggi riguardino il suo ingaggio. Forse Ivan ricorda i suoi fasti (contrattuali) in Italia: 5 miliardi di lire netti moltiplicati per cinque anni. Roba da dedicare un altarino a Cragnotti&Fioranelli.
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