rassegna stampa roma

De la Peña: da Cruyff al 4-3-3

(Corriere dello Sport – S.Chioffi) A cambiare direzio­ne alla sua carriera era stato Johan Cruyff, il simbolo di un’Olanda che aveva fatto scuola negli Anni Settanta con il ct Rinus Michels, l’in­ventore del calcio totale.

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(Corriere dello Sport – S.Chioffi) A cambiare direzio­ne alla sua carriera era stato Johan Cruyff, il simbolo di un’Olanda che aveva fatto scuola negli Anni Settanta con il ct Rinus Michels, l’in­ventore del calcio totale.

Era il 1995 e Cruyff allenava da sette stagioni il Barcellona: fu lui a scoprire Ivan De la Peña nel vivaio del club blau­grana, seguendo i consigli di Carlos Rexach, lo stesso tec­nico che più tardi avrebbe preso Lionel Messi, da bam­bino, nel Newell’s Old Boys. De la Peña aveva diciannove anni e Cruyff decise di co­struire una squadra con il doppio regista: Pep Guardio­la davanti alla difesa e più avanti il giovane Ivan, testa rasata e fisico tarchiato, chia­mato il “piccolo Buddha” dai tifosi del Camp Nou. DA CRUYFF A ROBSON - Subito titolare: trentuno presenze e sette gol nella Liga per quel centrocampista dal tocco morbido, elegante, ma un po’ anarchico, in grado di fare la differenza con i suoi passag­gi filtranti, con i suoi lanci in profondità. Era il Barcellona di Sergi, Popescu, Nadal, Fi­go, Bakero, Hagi, Prosinec­ki. L’anno dopo sarebbe arri­vato Luis Enrique dal Real. Alla fine di quella stagione vinse la Supercoppa di Spa­gna contro l’Atletico Madrid. Cruyff era stato operato al cuore e lasciò la panchina al­l’inglese Bobby Robson, che conquistò una Coppa del Re e una Coppa delle Coppe. Guardiola era la mente, De la Peña giostrava sulla tre­quarti e davanti ci pensava Ronaldo a dare spettacolo. I 30 MILIARDI DI CRAGNOTTI -La Lazio ac­quistò Ivan De la Peña nell’estate del 1998, con la consulenza dei mediatori Vinicio Fioranelli e Vincen­zo Morabito. Il presidente Sergio Cragnotti, un anno prima, aveva provato ad an­ticipare l’Inter nella corsa a Ronaldo, trovando però la strada sbarrata. La Lazio spese trenta miliardi di lire per lo spagnolo, che nel frat­tempo era finito ai margini del progetto di Louis Van Ga­al. De la Peña si presentò a Roma in compagnia di Fer­nando Couto dopo aver infi­lato in bacheca anche uno scudetto, un’altra Coppa del Re e una Supercoppa euro­pea. Ruvido l’impatto con il calcio ita­liano. E non solo a livello tattico. Un in­serimento complicato dai frequenti infortuni muscolari del cen­trocampista, che faticò a far­si largo negli schemi di Sven Goran Eriksson. Quindici presenze in campionato e quattro in Coppa delle Cop­pe: l’unico lampo, in Europa, contro il Panionios allo sta­dio Olimpico. La Lazio con­quistò la Supercoppa di Le­ga contro la Juve di Lippi e la Coppa delle Coppe contro il Maiorca di Cuper, ma l’inve­stimento su De la Peña si ri­velò presto un abbaglio. I PRESTITI E L’ESPANYOL - Il suo cartellino è rimasto di pro­prietà della Lazio fino al 2002. Prima il prestito nel 1999 all’Olympique Marsi­glia, poi il ritorno al Barcello­na nella stagione successiva, nella speranza di ritrovare la scintilla giusta. Tentativi a vuoto, in attesa di sbarcare ancora a Formello nel 2001 e di ritrovarsi in un angolo an­che dopo l’arrivo di Zacche­roni. L’ennesima bocciatura: quell’anno giocò solo cinque minuti in campionato, al po­sto di Salas, nel derby vinto per 5-1 dalla Roma. Chiuso il rapporto con La­zio, De la Peña si è regalato nove stagioni importanti nel­l’Espanyol, diventando il ca­pitano della seconda squadra di Barcellona e alzando al cielo una Coppa del Re nel 2006 contro il Saragozza. E’ uscito fra gli applausi, pro­prio come aveva cominciato. Si è ritirato pochi giorni fa: ha salutato tutti lo scorso 19 maggio, a 35 anni, durante una conferenza-stampa. Ora c’è la Roma nel suo futuro: sarà uno dei collaboratori di Luis Enrique.