(Corriere dello Sport-R.Maida) A questo punto una cosa è sicura: non è facile comprare la Roma. Non è stato facile adesso con un soggetto ansioso di vendere (Unicredit) e un acquirente giudicato affidabile (il gruppo DiBenedetto),
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Dalla Nafta Mosca al giallo Fioranelli-Flick In 7 anni, quante scalate tentate alla Roma
(Corriere dello Sport-R.Maida) A questo punto una cosa è sicura: non è facile comprare la Roma. Non è stato facile adesso con un soggetto ansioso di vendere (Unicredit) e un acquirente giudicato affidabile (il gruppo DiBenedetto),
figurarsi prima, quando i Sensi non avevano intenzione di perdere il gioiello di famiglia. Il tira e molla va avanti da sette anni. Molte trattative, o «generiche manifestazioni d’interesse» per usare un gergo da Consob, restano ancora oggi avvolte nel mistero come certi gialli dell’Italia repubblicana. Ma il magma delle voci non si è mai fermato. IL RIDIMENSIONAMENTO -Tutto parte nell’inverno del 2004. La Roma di Capello sta lottando per lo scudetto con il Milan, un colosso dell’economia russa bussa alle porte di Trigoria: vendete? Il gruppo della Nafta Mosca, rappresentato da tale Suleiman Kerimov, 38 anni, deputato e finanziere, sembra arrivare a un passo dall’acquisto. Contatta Capello e Franco Baldini (sempre lui), promettendo di costruire una squadra da sogno. Ma Franco Sensi resiste. O forse no, sono i russi a rinunciare dopo aver letto i bilanci di Trigoria. Fatto sta che in una domenica di neve a Parma, in cui la Roma vince e diverte, i milionari di Mosca se ne tornano a casa. Metà del patrimonio dei Sensi, proprietari di Italpetroli, finisce alle banche, Capello, Samuel ed Emerson se ne vanno, la società chiede un aumento di capitale ai tifosi per«continuare a vedere le stelle»,ma non raggiunge gli obiettivi sperati. L’anno dopo, con cinque allenatori, la Roma rischia la serie B. Due anni dopo, a bordo di una Ferrari, il signor Kerimov rischia di morire in uno strano incidente stradale a Nizza. PARAFULMINE -Passata la paura, i debiti di Italpetroli rimangono. Ma i ricchi di Roma non entrano mai realmente in campo: né Toti, né Angelini, né Angelucci, per non parlare di Caltagirone, che poi saranno spesso tirati in ballo, più o meno giustamente. E così il piano industriale studiato da Cristina Mazzoleni, amministratrice di fiducia di Franco Sensi dai tempi del Palermo, e le intuizioni di Pradè, Conti e Spalletti mascherano (e rimandano) i problemi. La squadra continua ad essere competitiva nonostante le cessioni importanti. I conti della Roma, mentre la controllante Italpetroli va alla deriva, sono considerati«virtuosi »e consentono di andare avanti. Fino alla primavera del 2008, quando la società è ormai in mano a Rosella Sensi. Si presenta a Trigoria il primo gruppo Usa: nessuno dei protagonisti lo ammetterà mai, ma il regista dell’operazioneè uno degli uomini più influenti del mondo, George Soros. Anche in questo caso l’affare è quasi fatto per una cifra spaventosa, 283 milioni. Ma all’ultimo momento salta per motivi imprevedibili. Fonti americane assicurano che Rosella Sensi nel giorno delle firme “tiri” sul prezzo presentando un’offerta araba (mai rivendicata). Soros si indispettisce e ordina ai suoi uomini di interrompere le trattative. La Roma è ancora in mano ai Sensi, che hanno accumulato già 300 milioni di debiti. SOLDI CABRIO -La situazione finanziaria di Italpetroli, tra depositi in disuso e immobili pignorati, è ormai incontrollabile. Il tutto mentre la squadra continua a ottenere risultati soddisfacenti. E’ in questo scenario che si inserisce l’agente Fifa Vinicio Fioranelli, che giura di lavorare per conto di un riccone tedesco, Volker Flick.Questa è una brutta storia, che porterà alle accuse di aggiotaggio e all’emissione di un mandato di cattura per tutti e due. Ovviamente la Roma non cambia padrone, anche nell’estate 2009. E Rosella Sensi assicura di essere in grado di sistemare i bilanci. Lavora di diplomazia con l’amico Gianni Letta, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, per prendere tempo con Unicredit. Ma il duo Fiorentino-Peluso non aspetta più. Si arriva al luglio 2010, con l’accordo che azzera i debiti della famiglia e sancisce il passaggio della Roma sotto il controllo della banca. Ricominciano le voci, fino alla«trattativa in esclusiva»con la cordata di Thomas DiBenedetto. Ieri sera l’accordo e il rinvio: il nuovo proprietario, lo zio Tom, ancora non si è insediato. Lo farà presto, sempre con il pollice alzato, dopo sette anni di assalti falliti (degli altri). Ma che fatica.
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