(La Repubblica-M.Pinci) «Quando ha il pallone tra i piedi il tempo si ferma». Così lo racconta Yvon Pouliquen, il suo primo allenatore ai tempi del Metz. Eppure, le lancette di Miralem Pjanic corrono sempre troppo in fretta.
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Dalla Bosnia in giallorosso l’avventura di Pjanic “diamante grezzo” del calcio
(La Repubblica-M.Pinci) «Quando ha il pallone tra i piedi il tempo si ferma». Così lo racconta Yvon Pouliquen, il suo primo allenatore ai tempi del Metz. Eppure, le lancette di Miralem Pjanic corrono sempre troppo in fretta.
Non ha tempo da perdere, l’ultimo lampo del mercato della Roma: anche per scegliere la capitale è bastato poco. «È tardi», rispose a Sabatini, quando alla fine del mercato mancavano meno di 10 ore. Non era tardi, però, per cambiare idea. E allora Roma: «This must be the place», come la pellicola con Sean Penn, uno dei suoi attori preferiti.
Il cinema, insieme ai viaggi, è la sua grande passione, anche se in Italia ha scelto di rinunciarvi, per ora. Colpa della lingua, a cui però sta lavorando, «e non è poi troppo difficile». Lo è ancora meno se parli bosniaco e croato, ma anche lussemburghese, tedesco, francese. Cinque lingue, una ricchezza culturale ereditata da una vita con la valigia. Ad un anno appena, la fuga dalla guerra in Bosnia con la famiglia — bosniaci musulmani — verso il Lussemburgo: lì, mentre mamma Fatima lavora anche di notte per portare i soldi a casa, il piccolo Mira” segue papà Fahrudin — giocatore non eccelso — sui campi di calcio. Una passione che a lungo resterà “un piacere”, da coltivare in strada con gli amici. Poi a 10 anni, la prima squadra, lo Schifflange. Meno di 4 stagioni e lo scout De Taddeo convince il Metz a prenderlo: «È un diamante grezzo».
A brillare inizia a 17 anni, 12 mesi dopo sarà già nel Lione campione di Francia. Dove incontrerà Juninho: una folgorazione, dopo quella per Zidane alla tv. «Mi aiuti a provare le punizioni?»: l’invito dello specialista “Juni” diventa lezione, Miralem impara in fretta, calcia come lui, lo sfida. Quando il brasiliano va via, ne eredita anche la maglia. Ma prima, telefona al maestro: «Posso prenderla?». Questione di rispetto, lo stesso che ha oggi per Totti: «Ma come, è lui che fa i complimenti a me?», il suo pensiero ascoltando una conferenza del capitano, di cui ha anche voluto la registrazione.
In attesa di poterlo ringraziare in romanesco, chiacchiera in tedesco con Kjaer, Juan e Stekelenburg. Poca vita mondana, giusto qualche cena fuori per un piatto di pasta, scoperta che lo ha conquistato. Sughi leggeri, pesce o verdure. Nella sua nuova casa a 15 minuti da Ostia, dove vive con la fidanzata Josepha, si mangia francese. E, soprattutto, si gioca: playstation e poker con gli amici, ma soltanto vis-à-vis: «Non gioco online, voglio guardare l’avversario negli occhi». Più delle carte, ama le auto: per raggiungere Trigoria e i centri commerciali dove perde ore per lo shopping, ha acquistato una Mini. Un vezzo, rispetto all’adorazione per la Maserati comprata in Francia: l’aveva affidata ai genitori in Lussemburgo, ha mandato un amico a recuperarla. Il ragazzo con la valigia ha trovato casa.
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