(Il Messaggero - M.Ferretti) A Trigoria, Marco Paoloni se lo ricordano alla perfezione. Lui, del resto, al Fulvio Bernardini c’è cresciuto.
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Da Trigoria a Cremona l’uomo chiave dell’inchiesta
(Il Messaggero – M.Ferretti) A Trigoria, Marco Paoloni se lo ricordano alla perfezione. Lui, del resto, al Fulvio Bernardini c’è cresciuto.
Bruno Conti, responsabile del settore giovanile della Roma, lo prese dal Civitavecchia, in cambio di una decina di palloni e di una muta di maglie, quando Marco era poco più di un bambino. Biondo, paffutello, un fisico più strutturato rispetto a quello di molti coetanei. Educatissimo, un po’ introverso. Abitando da sempre con la famiglia a Civitavecchia, a sedici anni Paoloni scelse di andare a vivere nel pensionato di Trigoria: in questa maniera non doveva fare più su e giù per la via Aurelia almeno quattro volte a settimana e, inoltre, aveva la possibilità di andare con regolarità a scuola, all’istituto Poliziano, insieme con gli altri aspiranti calciatori tesserati per la Roma.
Prima il campionato Giovanissimi, poi Allievi e quindi la Primavera, cresciuto (e coccolato) da maestri di calcio come Roberto Negrisolo e Franco Tancredi, «ha tutti i numeri per fare carriera», sentenziavano. Un ragazzo di sicuro avvenire: ecco quanto si diceva sul conto di Paoloni, classe 1984, quando giocava in compagnia di giovanotti che si chiamavano Aquilani («Una cosa incredibile, non ci posso credere...», ha commentato il centrocampista azzurro, impegnato stasera a Modena contro l’Estonia), De Rossi, Pepe, Ferronetti, Corvia, Galasso e tanti altri. Con Marco Amelia, due anni più grande di lui, e Gianluca Curci, un anno più piccolo, divideva gli elogi e i pronostici lusinghieri dei preparatori dei portieri della Roma. Non c’era un solo dirigente del settore giovanile, e anche qualche tecnico della prima squadra, che non sprecava una buona parola per il ragazzino di Civitavecchia. Tanto è vero che Fabio Capello, nell’estate del 2001, su segnalazione dei tecnici del settore giovanile, decise di aggregarlo alla prima squadra per il ritiro estivo di Kapfenberg, in Austria.
Solo che Paoloni, che era stato appena operato al ginocchio, non aveva ancora del tutto recuperato e, di fatto, partecipò a quel ritiro da spettatore o quasi. S’era infortunato in inverno durante un derby contro la Lazio, campionato Allievi Nazionali: lesione del legamento crociato anteriore destro, intervento in sala operatoria firmato dal prof. Mariani. «Sono stati giorni bruttissimi, soprattutto per la rieducazione. Ma l’esempio di Di Francesco e Emerson, con i quali ho svolto proprio la rieducazione, mi ha spronato ad andare avanti», disse una volta tornato in campo.
Aveva diciassette anni, già faceva parte del giro delle Nazionali di categoria (nel 2004 diventerà campione d’Europa Under 19 allenata da Paolo Berrettini), non gli mancava davvero niente per tentare di diventare un portiere vero, «il mio modello è Buffon», ripeteva ai tempi della Roma Primavera, «il più grande portiere al mondo». Una volta completato il percorso nel settore giovanile della Roma, Paoloni nell’agosto del 2003 fu mandato a giocare a Teramo, in terza serie, sempre sotto il controllo della società giallorossa. Stagioni altalenanti, rendimento così così e poi il passaggio alla Ternana, quindi Ascoli per la prima volta in carriera senza esser più sotto il controllo della Roma.
Nell’estate di tre anni fa il passaggio alla Cremonese, ancora una volta lontano dal grande calcio, ma con la soddisfazione per la famiglia messa su con Michela Spinelli, professione professoressa. E proprio a Cremona l’inizio della fine prima del passaggio, nel gennaio scorso, al Benevento, ancora in terza serie, colori sociali giallo e rosso, quelli del suo cuore.
Domenica prossima avrebbe dovuto difendere la porta della squadra campana nei play off (semifinale di ritorno contro la Juve Stabia) per la promozione in serie B, invece da mercoledì all’alba è rinchiuso in carcere con accuse gravissime e con l’etichetta di portiere che narcotizzava i compagni. Oggi per lui interrogatorio di garanzia in carcere; ieri il suo avvocato, Emanuela Di Paolo, ha dichiarato: «A Marco lo stanno facendo passare per una mente criminale quando invece si tratta semplicemente di un ragazzo che ha peccato di ingenuità».
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