rassegna stampa roma

Da Ferraris a Liddas, una storia di liti

(Il Romanista – M.Izzi) – Ho letto con curiosità l’ampia analisi che in molti hanno dato dell’episodio tra Osvaldo e Lamela. Ce n’è per ogni gusto, da chi crede che sia l’ideale premessa al consolidamento dello...

Redazione

(Il Romanista - M.Izzi) - Ho letto con curiosità l’ampia analisi che in molti hanno dato dell’episodio tra Osvaldo e Lamela. Ce n’è per ogni gusto, da chi crede che sia l’ideale premessa al consolidamento dello “spogliatoio” giallorosso, a chi osserva con preoccupazione l’evoluzione della vicenda, preconizzando nuvole all’orizzonte per la serenità della squadra.

Forse deludo, ma non condivido nessuna di queste correnti di pensiero. Credo semplicemente che questo tipo di situazioni facciano parte della dinamica del calcio e della sua normalità, come fisiologici sono gli interventi della struttura societaria per riportare l’ordine. Mi piace partire da un episodio del 18 gennaio 1931, quel giorno la Roma le buscò a Testaccio contro il Milan, sconfitta che lasciò un vigoroso strascico di polemiche, con un presidente Sacerdoti che definire “indispettito” è un eufemismo. Cosa era accaduto? Lo abbiamo ricostruito con il raccordo di più fonti d’epoca, visto che il “muro del silenzio” imposto dal costume e dalla mentalità dell’epoca cercò di “sotterrare” (non riuscendoci) il tutto. In soldoni, come scritto dalla rubrica satirica “Periscopio”, capitan Attilio Ferraris era «venuto alle parole sul campo» (ma qui, a mio avviso, le parole sono sinonimo di “mani” ) con Giovanni Degni. Episodio scatenante della vicenda, molto probabilmente, era stato l’ errore con cui Attilio Ferraris aveva propiziato il gol del vantaggio rossonero. L’anonimo articolista del “Periscopio” continuava: «Ragazzacci, ricordatevi che siete quasi fratelli dell’epoca delle vecchia e gloriosa Fortitudo». Alla fine del match, era poi piovuto sul bagnato, visto che su Testaccio si era riversato un diluvio di fischi e alcuni oggetti lanciati dai popolari, dal lato di Via di Caio Cestio. Il direttorio aveva punito la Roma con una multa di 2000 lire e Il Littoriale aveva invocato la mancanza del: «buon esempio» dato dai giocatori. Archeologia calcistica? Va bene, ma intanto abbiamo dimostrato che anche nei tempi eroici (con protagonisti eroici con il mitico Ferraris e il grande Degni) la questione era all’ordine del giorno, non rinunciamo però ad avvicinarci con decisione ai giorni nostri.

Basta armarsi di buona volontà e aprire il libro “Bruno Conti, il calcio, la mia vita”, per leggere: «Con Nils Liedholm il rapporto è stato eccezionale nonostante non siano mancati gli screzi. Ci fu un periodo in cui la mia sostituzione durante la gara era automatica. Gli contestai la cosa a brutto muso ottenendo una risposta altrettanto decisa. Ho sempre avuto l’opportunità di parlargli, quindi di chiarire malintesi. Non sono mancati i gesti plateali da parte mia, magari per un avvicendamento che non avevo gradito: il Mister però sapeva com’ero fatto e ha sempre trovato una giustificazione». Più chiaro di così si muore, Bruno Conti e Liedholm, due dei miti più straordinari di questo club hanno avuto degli screzi e anche a brutto muso, e allora? Qualcuno può mettere in dubbio l’affetto profondo e il rapporto padre-figlio che c’era tra i due? Liedholm considerava Bruno Conti il suo capolavoro, Bruno ha sempre portato sul palmo di mano il “suo” maestro svedese. Gli screzi erano roba da spogliatoio, normale in qualsiasi squadra al mondo e destinati ad essere risolti con uno sguardo o un chiarimento di pochi secondi. Non basta? E allora vi porto a Trigoria, partitella tra squadra gialla e squadra azzurra (arbitrata da Liedholm) del 7 aprile 1983. A un passo dallo scudetto, succede questo, in seguito a un contrasto, volano scintille tra Chierico e Maldera. C’è poi Settimio Lucci, aggregato per l’occasione ai “grandi”, che ritiene opportuno assestare un bel colpo sul ginocchio di Bruno Conti e infine gran finale con Righetti che “stende” Falcao costrettoa ricorrere alle cure diAlicicco. Sapete come commentò il Barone? «Queste esibizioni mi piacciono e servono a tenere su di giri i giocatori. Ho lasciato correre certi tackles un po’ robusti perché servono ad acquistare esperienza». Se questi bisticci avvengono anche tra una squadra di grandi amici e di fuoriclasse che sta per vincere lo scudetto, figurarsi sull’onda del nervosismo di una partita perduta. Allora potete spiegarmi di cosa stiamo parlando? Solo chi non ha giocato a calcio può vederci quello che non c’è, in questi frangenti l’unica cosa fondamentale è saper chiedere scusa, con sincerità. Questo quantomeno è il mio pensiero.