(Il Romanista-M.Izzi) L’ultimo giro di tango con il Barone parte a Brunico il 19 luglio 1983, con lo scudetto sulle maglie. Sarà il viaggio più esaltante e drammatico della nostra storia, compiuto con la «notte di sogni, di coppe e di campioni».
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Da Caldaro ai pasti caldi di Mazzone
(Il Romanista-M.Izzi) L’ultimo giro di tango con il Barone parte a Brunico il 19 luglio 1983, con lo scudetto sulle maglie. Sarà il viaggio più esaltante e drammatico della nostra storia, compiuto con la «notte di sogni, di coppe e di...
Per rimettere insieme i pezzi di un ambiente devastato dalla delusione della finale di Coppa campioni, Viola sceglie Eriksson. Lo svedese, che in italiano sa pronunciare solo la parola “acqua” ed è perennemente scortato dall’interprete Morabito, dal collaboratore Clagluna e dalla fida lavagnetta portatile, punta per la sede del ritiro su Caldaro (inizio 29 luglio 1984). E’ da lì che il grande Fulvio Stinchelli firma un interessante reportage sui metodi “innovativi” del nuovo tecnico: «Due sedute d’ allenamento ieri, ciascuna di due ore filate. C’è già chi si stupisce del gran lavoro cui sono stati subito sottoposti i prodi giallorossi. Il mammarolismo nostrano non demorde, ahinoi. Se ne parla con Roberto Clagluna, che mostra d’intendersi alla perfezione col collega scandinavo. Dice Clagluna: “E’ presto per parlare. Solo i risultati, al momento dovuto, diranno se il nostro metodo è giusto. L’importante per ora è avere un metodo. Né Eriksson, né io amiamo procedere alla carlona. Noi attuiamo i criteri più avanzati nell’addestramento fisico atletico, quelli già sperimentati dalle discipline regine dello sport, come l’atletica leggera e il nuoto. Il lavoro intervallato che pratichiamo tende al potenziamento muscolare, alla velocizzazione sul fondo e al più sollecito smaltimento delle tossine della fatica”.
Nell’ allenamento mattutino, i giallorossi si sono prodotti nella ripetizione dell’esercizio sul pressing, opponendo due attaccanti e due difensori. Dice Eriksson: “A volta a volta, tutti i giocatori si alterneranno da attaccanti e da difensori”». In queste righe, c’era in realtà il senso del triennio futuro delle vicende giallorosse: una Roma tutto pressing e corsa, incapace di guardarsi le spalle e di mantenere quei ritmi per tutta la stagione. Dopo altri due ritiri sotto la guida di Eriksson (entrambi, nuovamente a Riscone di Brunico), la rivoluzione viene mandata in soffitta con un’inversione a u, che riporta il pallino nelle mani di Liedholm. Ci si sposta a Vipiteno, a quaranta chilometri dalla Val Pusteria, albergo “Aquila nera”, accolti dalla banda locale che suona marcette di Von Suppé. Il centro sportivo è magnifico, attrezzato in tutto e per tutto, ma l’atmosfera, purtroppo, è quella della minestra riscaldata e così dopo un biennio passato tra alti (soprattutto il primo anno) e bassi, la saga svedese si chiude.
Dino Viola cerca di riprendere il bandolo della matassa, ma l’anno di Luigi Radice (ritiro a Pinzolo dal 21 luglio 1989) è solo di transizione prima di approdare ad Ottavio Bianchi. Il tipo di realtà che si vive, però, è sempre critica. Nel ritiro di Madonna di Campiglio (iniziato il 21 luglio 1990 per poi spostarsi a Pinzolo il giorno 28), quando Pino Cerboni, per conto della rivista ufficiale della società, chiede al Presidente Viola: «Quale futuro per la Roma dopo la crisi?», la riposta sarà di quelle da far tremare i polsi: «Altro che crisi. Parlerei piuttosto di dramma. Un dramma che è durato due anni e mezzo». Solo pochi mesi più tardi, Dino Viola si spegnerà, innescando il processo che porterà al passaggio di proprietà e all’avvento di Giuseppe Ciarrapico. Su questo biennio (trascorso nei ritiri di Asiago e del Ciocco), volendo bene alla Roma, c’è poco da dire. Per farsi un’idea della situazione, basterà dire che nell’agosto 1992, ci s’installerà in un’ala dell’albergo del Ciocco, convivendo con tifosi, giornalisti, curiosi. Tanta gente, troppa, o per dirla con le parole di Giorgio Rossi: «Il ritiro più incasinato di tutti i tempi».
Siamo così arrivati ad un nuovo cambio negli assetti societari con l’avvento alla proprietà della coppia Mezzaroma-Sensi. Con Carlo Mazzone al timone, i giallo-rossi approdano per un triennio a Lavarone. Sono i giorni del Mazzone “sergente di ferro”, che la sera si piazza nella hall dell’albergo e alla bisogna, spedisce a casa un ragazzo della primavera aggregato alla prima squadra, per un ritardo di 30’ sull’orario della “ritirata serale”. Carletto è scrupoloso, si occupa personalmente anche del menù dei suoi ragazzi (nessun contorno e subito piatto caldo), ma a conti fatti, alla sua gestione mancherà un pizzico di fortuna. Dal più romano dei romani, si passa, il 12 luglio 1996, a Kapfenberg, sotto la guida (si fa per dire) dell’antiromano per antonomasia, Carlitos Bianchi. L’argentino lascerà solo rovine e la fissazione di tirare giù dal letto i suoi alle 7 di mattina, tra le imprecazioni selvagge di Amedeo Carboni e Giovanni Cervone
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