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Curve chiuse, un pasticcio tutto italiano

(Il Fatto Quotidiano – L.Pisapia) Sembra una barzelletta, ma la questione della “discriminazione territoriale”

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(Il Fatto Quotidiano - L.Pisapia)Sembra una barzelletta, ma la questione della “discriminazione territoriale” ha travalicato gli spalti degli stadi ed è arrivata a interessare anche il governo, con il ministro dello Sport Graziano Del Rio che ne ha dovuto rispondere durante il question time alla Camera. L’intensa giornata di ieri è cominciata con Adriano Galliani che annunciava: “Faremo ricorso in tutte le sedi possibili”, contro la chiusura dello stadio per Milan-Udinese. Imbufalito come non mai, l’amministratore delegato milanista sa che il Milan corre il rischio di perdere 0-3 a tavolino la prossima partita se qualcuno, durante la gara riproponesse l’odiosa equazione tra Napoli e il colera, o simili.

Con lui si è schierato il presidente della Lega Calcio Maurizio Beretta, che ha dichiarato di avere formalmente chiesto per iscritto alla Figc il cambiamento della norma sulla discriminazione territoriale, come aveva preannunciato lunedì. Aggiungendo poi: “La nostra posizione è molto chiara: bisogna avere un sistema sanzionatorio che vada contro le minoranze delle tifoserie che si macchiano di questi gesti e a favore della maggioranza di persone che condivide i valori dello sport; altrimenti si rischia di dare voce ai ricatti delle minoranze”.

A stretto giro di posta, è arrivata la risposta della Figc per bocca del presidente Giancarlo Abete: “La posizione della Figc è quella di sempre, del resto la regola in questione è in vigore dalla fine degli Anni 80. Adesso, però, abbiamo dovuto omologarci alle sanzioni Uefa (…) in Europa ci si comporta spesso in questo modo a livello sanzionatorio”. In realtà la questione della ricezione delle disposizioni Uefa non è esatta, si tratta piuttosto di un adattamento tutto italiano.

L’articolo 14 del Codice di disciplina dell’Uefa, approvato dal Comitato esecutivo nel maggio del 2013 e dunque in vigore da questa stagione, parla di “motivi di colore della pelle, razza, religione, origine etnica”.Non è menzionata la discriminazione territoriale, tradotta invece in Italia nell’articolo 11 al comma 1 del Codice di Giustizia sportiva che ha recepito a suo modo le normative Uefa.

L’articolo 11 su cui si sono basate le squalifiche del giudice sportivo Tosel. La questione territoriale in Italia esiste, ed è punita secondo l’articolo 594 c.p. e dalla legge 133/93. Ma come ha detto alla Camera il ministro Del Rio: “La discriminazione territoriale non è punita come quella razziale dalla legge Mancino, ma è prevista in questi casi solo dall’ordinamento sportivo”. È stata quindi una decisione dei legislatori della Federcalcio di aggiungere la postilla territoriale.

Mentre va fatto riferimento alla discriminazione etnica per la squalifica della Lazio nelle coppe europee per gli insulti nei confronti degli slavi. Questione giuridica a parte, la solidarietà trasversale di tutte le curve unite – dall’autoironia dei napoletani alle promesse di cori “discriminanti territorialmente” dalle curve interiste e juventine – dimostra ancora una volta lo scollamento tra club e tifosi. Quando i rapporti tra questi saranno basati sull’appartenenza, magari permettendo ai tifosi di fare parte del club attraverso l’azionariato popolare, e quando smetteranno invece di esserci relazioni clientelari basate sulla gestione di biglietti e altro, ognuno potrà dire la sua sui valori dello sport. Altrimenti si tratta solo di rapporti di affari tra club e tifosi.