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Contratto,Totti, scudetto le verità di De Rossi

(repubblica.it – M.Pinci) Chi sperava di ricevere rassicurazioni sul suo futuro, dovrà accontentarsi di fare lo slalom tra segnali contrastanti.

Redazione

(repubblica.it – M.Pinci) Chi sperava di ricevere rassicurazioni sul suo futuro, dovrà accontentarsi di fare lo slalom tra segnali contrastanti.

Perché Daniele De Rossi, dal "lettino" della psicanalisi radiofonica della trasmissione "Io, Chiara e l'oscuro", su Radio2, preferisce lasciare in sospeso il domani: "Il rinnovo? Il cuore è fatto apposta per stare sempre in palpitazione...".

Avrà sussultato, ascoltandolo, quello di Franco Baldini, che da tempo sta lavorando con l'agente per trovare un accordo che consenta la permanenza del regista nella Roma. Dovendo guardare avanti, però, Daniele tradisce una certa sicurezza: "Quando sarò capitano? Credo ci sia un termine ben preciso: prenderò questa fascia quando l'attuale capitano anzi, il capitano di ogni epoca, smetterà". Una apertura a un futuro ancora romanista? Una cosa è certa: "Roma non mi fa più paura, ci sono stati un paio d'anni di ambientamento, ora ci ho fatto il callo". Noi siamo i primi attori di questo circo. È normale ci sia questo giro di soldi, è così da sempre. Io lo vivo senza sensi di colpa. So che non è bello dirlo, ma non posso provare sensi di colpa se faccio il mio lavoro. Mi sento un miracolato, posso fare il lavoro che mi piace guadagnando molto. Ma non mi vergogno".

Chi saprà allora conquistare il cuore e il portafogli del biondo di Ostia? "Sono uno che agisce molto d'impulso, vivo di colpi di fulmine". Ma nessun colpo di fulmine è per sempre, come la storia con la moglie Tamara: "Io credo che l'amore finisca, credo possa finire. In quel caso non muore nessuno, si riparte". Allusiva, anzi che no. Anche perché a chi lo chiama Capitan Futuro, risponde chiaro: "Non mi sento un supereroe, quel soprannome non me lo sento addosso".

 

Intanto, non può far altro che restare all'ombra di capitan presente: Francesco Totti. "Siamo diversi come carattere  -  ammette De Rossi  -  ma per questo siamo sempre andati d'accordo. È il classico romano, sembra di un'altra epoca. Spavaldo, sicuro di sé, con personalità. Si porta dietro una lice quando arriva: a Roma è qualcosa di unico. Poi magari è un po' permaloso: una volta abbiamo litigato tanti anni fa, non ci siamo parlati per un po'. Ma è roba vecchia". Decisamente più recente il legame con Luis Enrique: "Ha un credo evidente, ha idee precise, sia calcistiche che comportamentali. È uno che non scende a compromessi dove non crede sia possibile. è stato calciatore fino a poco fa, ci è vicino. E poi segue la sua strada sempre, dritto per dritto".

Intanto, ha convinto tutti a eseguire prima di ogni gara, un rituale di gruppo: "È un'usanza asturiana, urliamo un po' di cose qua e là. Una volta si faceva un urlo nello spogliatoio, ora si fa in mezzo al campo". Sicuramente, un tecnico diverso rispetto al passato. Passato che, ieri, Daniele ha riassaporato ritrovando per un saluto Capello a Trigoria: "Per me lui è stato forse la persona più importante per la mia crescita professionale, è una di quelle persone che quando la guardo dico: lui mi ha fatto del bene. Poi da tifoso ragionavo in modo diverso, magari odiavo personaggi come Lippi che per me poi è stato quasi un padre".  Proprio al padre, quell'Alberto che oggi guida la Primavera della Roma, è legato il ricordo più antico: "Il primo stadio che ricordo è quello di Livorno dove giocava mio padre, per un bambino sembrava il Maracanà". Da un passato antico al futuro, quando appenderà gli scarpini al chiodo: "Molti ex giocatori non hanno accettato il post carriera. Io spero solo la mia vita continui così e che mia figlia abbia un futuro sereno. Poi i sogni calcistici, scudetto, Champions League, ce li abbiamo tutti ed è giusto inseguirli". Chissà se ancora con la maglia della Roma.