rassegna stampa roma

Conte, Luis e Gasp. L'assalto al cielo dei nobili debuttanti

(La Repubblica – E. Gamba) Massimiliano Allegri ha aperto una strada, rotto il ghiaccio:

Redazione

(La Repubblica - E. Gamba) Massimiliano Allegri ha aperto una strada, rotto il ghiaccio:

in un campionato, quello finito a maggio, di allenatori senza titoli, ha riportato al successo la scuola italiana e riscattato gli anni del dominio mourinhiano restituendo credibilità, e forse anche ambizione, agli allievi dell'università di Coverciano. Allegri era una sorta di debuttante: fino al Milan, aveva ambito solamente a promozioni e salvezze.

Adesso si ritrova una concorrenza molto simile a lui perché i tre club più ricchi d'Italia oltre ai rossoneri hanno battuto una pista in qualche modo simile, mettendosi in scia alla novità e suggerendo in un certo modo delle soluzioni anche inedite. Gasperini, Luis Enrique e Conte sanno dello scudetto per sentito dire o per informazioni raccolte ai tempi in cui giocavano (è il caso del romanista e dello juventino). Le loro aspettative sono sorvegliate, e contrastate, dall'esperienza di Mavarri, Reja e Guidolin, però la loro presenza indica un nuovo modo di ricercare il successo. Per questo Allegri ha fatto scuola (o moda?), dopo anni in cui le grandi hanno sempre cercato di mettersi in mano a vecchi guru, non a giovani creativi. Anche se certe scelte (Conte, Gasperini) hanno avuto qualcosa di casuale. E di sicuronon erano le prime di Agnelli e Moratti, ma sono somigliate a dei ripieghi. Gasperini, per la verità, non è giovanissimo. E nemmeno inesperto. Ma non ha mai assaggiato né l'alta classifica né la Champions. Rappresenta una generazione di tecnici che introdusse discontinuità nella tradizione, importando moduli insoliti (lui, il 3-4-3) ma soprattutto introducendo una mentalità più spavalda e coraggiosa. È una generazione cui nonèstatoconcesso ilsaltodiqualità, che ha insidiato le grandi ma non le ha sedotte, che ha collezionato complimenti ma pochi scacchi di carriera. Gasperini può riscattare la generazione intera, se saprà scolarizzare i campioni come ha saputo fare con i giovani o con i cameadi. Più chedalla sua capacità di farsi ascoltare, la sua affermazione dipenderà da quella dei giocatori (tutta gente più ricca, piùfamosaepiùappagatadilui) ad ascoltarlo. E della società di proteggerlo: nessun allenatore è grande se non ha le spalle coperte. Conte e Luis Enrique vengono da una generazione successiva.

L'ultima, la più fresca, la più audace: è quella che ha spinto ancora oltre la fede nella spregiudicatezza del gioco nell'integralità intoccabile di un sistema che non si deve adattare agli interpreti, ma viceversa. D'altronde, non hanno ancora avuto il tempo di moderarsi, di rifugiarsi in un compresso, di ripararsi in una viadi mezzo, di lasciarsi ammorbidire dalle delusioni. Sono cresciuti con il computer sotto braccio, con il dvd nel taschino: ciò che quelli più anziani hanno dovuto imparare a maneggiare (in certi casi con ottimi risultati), per loro è strumento di lavoro naturale, come fischietto e cronometro. Luis Enrique tiene l'ipad sempre a portata di mano, Conte ha un collaboratore con un notebook sempre collegato a bordo campo, l'analisi e l'elaborazione dei dati (così come la creazione di filmati, anche di un allenamento finito da poche ore, da usare come supporto didattico) è un aspetto del mestiere cui non saprebbero, né vorrebbero, più rinunciare.

Ma è soltanto un lato della loro modernità, che sul campo traducono con concetti quasi mai consueti nel calcio all'italiana, a cominciare dalla ricerca del possesso palla, del palleggio prolungato, del comando della partita: il contropiede è solo una soluzione, la gestione del pallone deve cominciare dai difensori. Dal portiere, addirittura: l'impronta della scuola spagnola è evidente in Luis Enrique, mentre Conte mescola ingredienti inglesi (il gioco largo) e latini, addirittura sudamericani. In camera hanno vinto soltanto nelle serie minori. E come Allegri, fino a pochi mesi fa. Hanno teorie intriganti: nella pratica, dovranno confrontarsi con giocatori di grida, talvolta pigri, sovente viziati. Dovranno fargli venire la voglia di tornare a scuola.