rassegna stampa roma

Che il derby si porti almeno via tutte le tristezze

(Il Romanista-P.Franchi) Per passione? Ma no, è solo per vizio che stasera andrò all’Olimpico. Per dipendenza da derby, allora? Ma no, figuratevi, il derby è l’unica partita della Roma che preferisco vedere in tv, perché tanti laziali...

Redazione

(Il Romanista-P.Franchi) Per passione? Ma no, è solo per vizio che stasera andrò all’Olimpico. Per dipendenza da derby, allora? Ma no, figuratevi, il derby è l’unica partita della Roma che preferisco vedere in tv, perché tanti laziali insieme in una volta sola mi sconcertano.

E’ della Coppa Italia, o come cavolo si chiama adesso, che sono da sempre, contrariamente a Stefano Romita, un (minoritario) cultore; e, di conseguenza, anche di questi derby. Alla Coppa Italia, o come cavolo si chiama adesso, mi abbevero soprattutto, e non sono certo il solo, quando le cose vanno male. Si addice alla nostalgia, ai rimpianti, agli addii, non annulla il dolore, certo, ma in una certa misura lo lenisce. La più struggente che io ricordi, per dire, è quella conquistata nell’84 col Verona, subito dopo il disastro ai rigori con il Liverpool, al termine di una partita orgogliosa come poche. Quel giorno, ci lasciava Nils Liedholm, e con lui Agostino Di Bartolomei. Finiva un ciclo tutto sommato breve, ma fantastico, immenso, il più grande che ai più grandicelli tra noi sia capitato di vivere.

La più dolce si perde negli anni Sessanta, Roma tristissima, gol di Nicolé a Torino: vivevo con i miei genitori in Egitto, la patii da una radiolina con un amico su una spiaggia ancora incontaminata del Mar Rosso. Verso la fine Radio Vaticana espulse dal nostro transistor la voce del radiocronista. Non bestemmiammo perché eravamo ragazzetti ammodo, ma la certezza del risultato la avemmo solo la mattina successiva, al Cairo. Mi fermo qui, perdonate le divagazioni, lo so che stasera giochiamo con la Lazio, e che la finale prima bisogna guadagnarsela, e poi non perderla da babbei come è capitato l’altr’anno. E so pure che è ancora presto per consolarsi, perché abbiamo un punto in più dello scorso campionato, e nulla, almeno sulla carta, ci è ancora precluso.

Però, lasciatemelo dire perché so che anche voi la pensate così, tira un’aria tristissima, la Roma gioca male come raramente le era capitato negli ultimi anni, litiga, smorfieggia, ed è meglio non interrogarci su che cosa ci può riservare il futuro prossimo, se no non riusciamo più a scrollarci di dosso la malinconia. E quindi benvenuta Coppa Italia, o come cavolo si chiama adesso, e pure benvenuto derby di Coppa. Può non succedere niente di bello, possono capitare cose meravigliose. Ero all’Olimpico quella sera del ’69 quando d’improvviso se ne andò definitivamente la luce. Ospitava la Lazio, due a zero a tavolino, dura lex sed lex. Una serata romana mite, bellissima, e una storia esemplare: sempre così bisognerebbe vincere il derby.

Leggo che mai le due squadre si sono sfidate in Coppa occupando posizioni così altolocate in campionato. Vero, ma chi lo scrive dimentica che il nostro è un campionato brutto come pochi. Dunque non chiederemo alle due squadre (per quel che ci riguarda alla Roma, perché per i romanisti dabbene, qualunque cosa succeda la Lazio, filosoficamente parlando, non esiste) di onorare la loro stagione. Forza Roma. Facci dimenticare, per novanta minuti, la mestizia che ci hai inflitto sin qui. Insisto. La Coppa Italia, o come cavolo si chiama adesso, e persino i derby di Coppa, soprattutto a questo servono.