(Corriere dello Sport - F.N.Massuero) - I rossoblù del Cagliari, estasiati, rapiti e forse, nell’ora dell’impatto solenne, imbambolati, compivano il passo, ardentemente inseguito peraltro e vagheggiato, del debutto nella massima serie nazionale, catapultati nello scenario, prestigioso invero per chiunque e suggestivo, del prato dell’Olimpico romano.
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Che fatica battere il Cagliari di Riva all'esordio in A
(Corriere dello Sport – F.N.Massuero) – I rossoblù del Cagliari, estasiati, rapiti e forse, nell’ora dell’impatto solenne, imbambolati, compivano il passo, ardentemente inseguito peraltro e vagheggiato, del debutto nella...
La squadra sarda, matricola assoluta, aveva nel 1964 vidimato l’ambito passaporto necessario per l’accesso all’élite del football del Paese e nella partita d’esordio, sbarcando “in continente”, si imbatteva in una avversaria di comprovato spessore e di superba, stordente tradizione. Sul fronte d’attacco isolano sgomitava, per il cronista apparendo “acerbo” ma - bontà sua - nell’insieme “ dotato e promettente”, il giovane esordiente Luigi Riva. La Roma - noblesse oblige - spadroneggiava con verve intensa in campo durante il primo tempo sciorinando, sicura e senza complessi tangibili di sorta, un gioco lineare e frizzantino e controllando a proprio piacimento totale la partita. Ispirati dai lampi fantasiosi quanto pure frequenti di Angelillo, i giallorossi guadagnavano il riposo in meritato, duplice vantaggio, fissato in stile inglese, per via di un’autorete fortunosa e di una zampata ad effetto del cosiddetto “ corvo” Francesconi; quindi si rilassavano un tantino e, nel finale convulso, contratti e anzi esausti, rischiavano la beffa clamorosa. Dopo fasti eccessivi e troppi sprechi, il conte Marini Dettina, dalla piazza irrequieta incalzato presidente, si era giocoforza risolto a contenere le spese e confidava peraltro nelle doti di navigato stratega nonché di taumaturgico stregone, del nuovo allenatore, l’istrionico e assai spesso vulcanico Lorenzo. Prelevato, con colpo di teatro strabiliante, dalla panca, da lui onorata con buoni risultati, della rivale suprema cittadina, il tecnico argentino, galvanizzando l’ambiente, stentoreo preannunciava soddisfazioni in serie e successi di foggia altisonante e numerosi. L’impomatato mister, guidando poi un complesso in effetti non all’altezza precisa dei proclami, venne invischiato in un guado pantanoso nel pieno di una tremenda crisi finanziaria. Incauto promotore di una triste colletta organizzata presso il teatro del Sistina, abbandonava la causa in chiusura di stagione strepitando e senza lasciare rimpianti fra i tifosi. Il focoso Don Juan, pilotando al meglio la truppa in una atipica, autunnale, finale col Torino, arricchiva comunque la bacheca della Lupa con la conquista della prima Coppa Italia della storia.
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