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Che emozioni: Giannini sblocca poi segna Gazza

(Corriere dello Sport) – In tempi contraddistinti da un equilibrio costante e concitato, le due capito­line rivali ambivano sfata­re,

Redazione

(Corriere dello Sport) - In tempi contraddistinti da un equilibrio costante e concitato, le due capito­line rivali ambivano sfata­re,

ognuna di esse ovvia­mente a proprio tornacon­to, la fresca e poco entu­siasmante tradizione che voleva i derby dell’Urbe, sia pure intensi, roventi e battagliati, concludersi le­vando i contendenti insie­me, in aria, il mezzo vuoto, agrodolce bicchiere del pareggio. L’Olimpico, gremito in­tegralmente e trepidante, auspicava, verso fine no­vembre del 1992, con sfoggio di interessi e pas­sioni contrastanti, di fe­steggiare, dopo anni di tentativi infruttuosi e de­ludenti, una vittoria da lungo sospirata. La Roma, spregiudicata, decisa e combattiva, mostrava di aver fatto tesoro felice delle attese, incalzando gli sbalestrati avversari fie­ramente e creando occa­sioni e scompiglio per un’ora.

La Lazio, rinserra­te le fila, replicava ga­gliarda, orgogliosa e vee­mente durante la ripresa, impattando, quasi in ex­tremis, un risultato al dunque prezioso come po­chi e meritato. Nobilitarono il tabellino ufficiale e la partita, non a caso, con guizzi velenosi contrapposti, gli alfieri più insigni e al contempo più amati delle squadre: così Giannini e Gascoigne certificavano, apponendo in oro, in calce al match, le firme prestigiose, un ennesimo pari nella “stra­cittadina”. Entrambi ave­vano brillato, quali stelle fulgenti, nel 1990, nel fir­mamento delle “magiche” notti, o come tali almeno decantate, dei Mondiali allestiti qui in Italia. Rea­lizzarono nel pomeriggio di fuoco le due reti, cia­scuno sotto la curva affol­lata dai tifosi e con gli stessi esultando, poi, im­pazziti. Il Principe, in nazionale baricentro prezioso e gran regista dei gradevoli sche­mi proposti da Vicini, era nato, cresciuto e presto esploso con indosso, anzi cucita a filo doppio, ideal­mente, sulla pelle, l’adora­ta maglia dai colori giallo e rosso solari della Lupa.

Capitano caparbio, solerte e generoso, sacrificò forse traguardi sportivi maggio­ri ed ambizioni antepo­nendo, a personali succes­si e medaglie in altri lidi, le sorti, sempre preponde­ranti su tutto, della Roma. Gazza era il gioiello di famiglia lucente in casa Lazio, il fuoriclasse pre­scelto ed inviato, a sua cu­ra suprema, dal Destino. Adottato con subitanea, sconfinata passione dalla gente, contagiata da buo­numore e ottimismo dila­ganti, fu toccato in manie­ra malvagia dalla sorte, cagionando un contributo alla causa comune limita­to. Estro e talento puro sgorgheranno, seppure a intermittenza, onorando la casacca dell’Aquila dilet­ta, dalle tinte pastello ce­lestiali.