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Burdisso: «Essere della Roma è un orgoglio»

(Il Romanista – C.Zucchelli) – Gioca come vive. E non solo. Parla, racconta e si racconta nello stesso modo: con chiarezza e semplicità, senza retorica. Anche adesso che è a migliaia chilometri di distanza. A casa sua.

Redazione

(Il Romanista - C.Zucchelli) - Gioca come vive. E non solo. Parla, racconta e si racconta nello stesso modo: con chiarezza e semplicità, senza retorica. Anche adesso che è a migliaia chilometri di distanza. A casa sua.

Per regalare e regalarsi un sogno: vincere la Coppa America. Nicolas Burdisso, che stanotte con l’Argentina debutta contro la Colombia, sa che il bello, ma anche il difficile, arriva ora. Ora che fa parte di una delle nazionali più forti di sempre, con in squadra «il numero uno al mondo» che risponde al nome di Leo Messi. Un mese da vivere tutto d’un fiato, arrivando fino alla finale. Possibilmente da vincere. Per poi tornare a Roma e continuare a farlo. Con una nuova società e un nuovo allenatore: «Seguo tutto - spiega - appena posso vado su Internet e mi informo». Sa quindi di Luis Enrique «che mi dicono sia molto bravo e preparato», sa di Bojan, «che ha confidato a Gabi Milito la sua gioia nel giocare a Roma » e sa, ovviamente, del sogno Pastore. Ma quello non lo ha letto dai giornali italiani, la fonte è diretta: «Ho parlato con Javier e mi ha detto che gli piacerebbe venire da noi. Non dipende solo da lui, quindi non so dire se alla fine la cosa si farà o meno, però posso dire con certezza che si tratta di un giocatore in grado di cambiare il volto di una squadra». Quasi come Messi, l’uomo a cui Burdisso, e l’Argentina tutta (ancora sotto shock per la retrocessione del River Plate) affidano un sogno chiamato rinascita. Anche la Roma, dopo la stagione fallimentare conclusa poco più di un mese fa ha bisogno di rinascere. E ripartire. Lo farà con gente nuova e con gente che invece a Trigoria c’è da sempre (Totti e De Rossi) e da anni. Con orgoglio e convinzione. Le stesse che Burdisso ha quando dice: «Io mi sento, anzi sono romanista».

Partiamo dalla Coppa America: stasera debuttate contro la Colombia. Vi sentite favoriti?

Siamo tra i favoriti perché giochiamo in casa e perché abbiamo una squadra fortissima. Non possiamo nasconderci. Ci sono tanti campioni nella nostra rosa, la gente si aspetta tanto da noi. E poi non dimentichiamoci che abbiamo il numero uno al mondo, il vero valore aggiunto.

Cosa significa essere compagno di Messi?

È una cosa che ti fa godere tanto (ride, ndr).

Che ragazzo è?

Come lo vedete voi, tranquillissimo, umile. Si vede dal suo atteggiamento in campo, da come aiuta i compagni, da come festeggia quando fa gol. Con noi è sereno, come un ragazzo qualsiasi di 24 anni, anche se sembra che giochi a pallone da 30. Comunque non è il nostro unico campione, ne abbiamo tanti altri in squadra ed è poi il motivo per cui siamo considerati tra i più forti.

Quest’anno la Coppa America ha un livello di squadre molto alto.

È vero, ci sono ottime formazioni. Ovviamente penso al Brasile, la nostra avversaria storica e principale. E poi l’Uruguay, che ha fatto un ottimo Mondiale un anno fa, ma anche il Paraguay, che sempre in Sudafrica è andato bene, e il Cile possono dire la loro. La Colombia, contro cui debutteremo, non è da sottovalutare. Non sarà facile, ma come ho già detto il nostro obiettivo è almeno la finale. Sarà una Coppa America diversa rispetto agli altri anni.

A proposito, l’ultima partita si giocherà al Monumental, dove pochi giorni fa è andato in scena il dramma sportivo del River Plate.

Se ne parla tanto anche in Italia?

Sì, ha colpito molto.

E ci credo. È una squadra storica e importante che non era mai retrocessa. Non è bello sapere che non saranno nella serie più importante.

Detto da uno che ha giocato nel Boca...

Questo è un discorso diverso, che va al di là delle rivalità sportive. Nessuno poteva credere che sarebbe potuto accadere. Qui poi il meccanismo della retrocessione è diverso, non è come in Italia dove le ultime tre del campionato vanno direttamente in serie B, c’è un regolamento un po’ più complicato e quindi si pensava che, alla fine, il River ce l’avrebbe fatta. Loro già da qualche tempo non stavano andando benissimo, ma la retrocessione era impensabile. Quello che è successo è lo specchio di quello che sta accadendo in Argentina

Cioè?

Quando una squadra così importante ha dei problemi seri è brutto per il calcio mondiale. Da noi sembra che si vada indietro invece che avanti.

In nazionale con te, oltre a Messi c’è anche Javier Pastore, uno degli obiettivi di mercato della Roma.

Ho parlato con lui e mi ha detto che verrebbe volentieri a giocare a Roma, ma non dipende solo da lui.

Zamparini, almeno adesso, spara alto e dice di volere 50 milioni.

Del prezzo non posso parlare, sono cose di cui non so davvero niente, però Javier è uno forte sul serio. Può essere uno di quei giocatori capaci di cambiare il volto ad una squadra? Sì, perché ha anche la mentalità. Può crescere ancora tantissimo, è molto umile e ha davvero tanto da dare ancora. Si è adattato molto bene al calcio italiano, è un giocatore su cui puntare e che con noi potrebbe fare bene.

Per la Roma si parla tanto anche di Lamela e Alvarez.

Sono due giocatori molto diversi ma con caratteristiche simili. Per prima cosa sono giovani e forti. Però mentre Alvarez è un giocatore più fatto, con più esperienza, che può essere inserito tranquillamente in una squadra, sia la Roma, l’Inter o l’Arsenal, Lamela è più giovane e deve crescere con calma.

Le piace?

Molto. Ha fatto questo ultimo nel River dove non solo era difficile giocare, ma persino andarsi a prendere la palla, e lui lo ha fatto sempre. Ha personalità e penso che in una squadra come la Roma potrebbe fare bene vista la qualità di cui dispone. Si potrebbe fare una scommessa come ha fatto il Palermo con Pastore. E mi sembra che l’abbia vinta.

Dal ritiro dell’Argentina sta seguendo il mercato della Roma?

Sì sì, appena posso mi informo su Internet. Per adesso, dopo Bojan, mi sembra che non ci siano ancora grandi novità.

Cosa ne pensa?

Bojan è forte. Gabi Milito, che lo conosce visto che gioca con lui a Barcellona, mi ha detto che è felice e convinto di venire a Roma. Questo aspetto è importantissimo. Per lui poi sarà più facile inserirsi visto che ci sarà Luis Enrique.

Un allenatore giovane e alla prima esperienza importante.

Come allenatore lo conosco poco, come giocatore lo ho affrontato in amichevole col Boca. I miei compagni che giocano in Spagna mi hanno detto che è simile a Guardiola, almeno come idea di gioco, ma al tempo stesso è molto diverso, è più istintivo, più sanguigno. In questo senso per l’Italia andrà benissimo. Mi dicono anche che sia molto preparato.

È comunque una scommessa.

Sì, ma se la Roma doveva farla questo è il momento storico più giusto. Nuova società, nuovo allenatore... Si riparte e basta.

Anche lei quando è arrivato alla Roma, due anni fa, era praticamente una scommessa. Col Boca aveva vinto tutto, con l’Inter tanto ma in modo diverso.

È una scelta di cui sono orgoglioso e che rifarei mille volte. Io sono venuto a Roma per mostrare il mio calcio e sono contento di essere apprezzato per questo.

In un anno difficile, molti tifosi l’hanno comunque "salvata".

Mi fa piacere, ma la stagione appena passata va solo dimenticata. Ranieri, lasciando la Roma, disse: «Mi piace ricordare la frase di Burdisso: "Mister, si gioca come si vive"». Io quelle parole le ho dette a Mirko (Vucinic, ndr) e Ranieri, che era lì vicino, ha sentito. Non mi sembra comunque una grande cosa, non credo si possa fare diversamente.

Come gioca e come vive Nicolas Burdisso?

Gioca e vive dando sempre il massimo, con correttezza e con lealtà. In campo poi pensa soltanto a vincere.

Quanto brucia lo scudetto sfumato un anno fa?

Meglio pensare a quello che spero di conquistare

Quando?

Presto, è arrivato il momento di vincere. Dopo cinque anni a Milano,Roma le è entrata nel cuore. Io mi sento, anzi sono, romanista. All’Inter ho passato anni splendidi, ma ormai si tratta del passato.

La sera della semifinale di Coppa Italia i suoi ex tifosi non sono stati gentilissimi con lei.

Stavo litigando con Cambiasso e Milito, che poi sono due miei amici e compagni qui in nazionale. Ma quando gioco non ci sono amici né parenti, non mi ricordo di nessuno. Penso solo a giocare e, come dicevo, a cercare di vincere.

Ha parlato di parenti: quest’anno a Roma c’è stato anche suo fratello Guillermo. Per lui sono stati mesi difficili, è capitato in una stagione sbagliata.

Ma io lo conosco bene e sono sicuro che avrà tutto il tempo, visto che ha solo 22 anni, di far vedere che è un giocatore forte. Non so dove andrà, ma ne sentirete parlare.

Intanto speriamo di sentir parlare di lei, prima in Coppa America e poi con la Roma. In bocca al lupo. Suerte. O mucha mierda, come si dice da queste parti.