(Il Romanista - P. Marcacci) - C’è solo una cosa, che non cambia mai, in questa squadra di gente troppo sensibile e delicata (abbiamo sentito anche questo), di redivivi improvvisamente recuperati alla causa, di rinvii tanto sbilenchi quanto amatoriali,
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Bologna-Roma, il fotogramma
(Il Romanista – P. Marcacci) – C’è solo una cosa, che non cambia mai, in questa squadra di gente troppo sensibile e delicata (abbiamo sentito anche questo), di redivivi improvvisamente recuperati alla causa, di rinvii tanto...
di palloni devoluti al centrocampo avversario molto più di un otto per mille di distrazione, di una norvegese notte polare che non accenna a finire, di sproloqui egoistici quando il pallone non arriva nella mattonella desiderata, di cartellini gialli cercati con pervicacia e puntualmente trovati.
C’è solo una cosa, dicevamo, che rimane uguale a se stessa, come le poesie sui libri di scuola o le tele preziose nei musei: minuto settantotto, qualche passo indietro rispetto alla lunetta dell’area bolognese; Francesco Totti, da sette minuti nell’agone, come dicono quelli bravi è in posizione di trequartista, leggermente defilato sulla destra, ha già piazzato il suo scatto Mirko Vucinic; il Capitano neppure guarda, eppure è il pallone che sembra avere gli occhi: parte un tocco che più che morbido è tenero tenero, come il ripieno dei tortellini che avranno riconfortato l’umore dei bolognesi dopo la partita, ricco di umori e sostanza, profumato se non di noce moscata, di tutto ciò che il tempo non scolora, di quello che resta immutato, di quell’eternità fatta d’erba e scarpini. Pure a novant’anni, se ne avrà voglia, la metterà esattamente dove avrà deciso di metterla, ché il tempo si arrende soltanto davanti alla balistica dei fuoriclasse. Gli atei lo chiamano “tocco di palla”, ma è chiaro che per noi si tratta d’altro, indefinibile a noi stessi. Che poi un assist (chiediamo scusa per il linguaggio convenzionale) per un compagno decretato in fuorigioco non abbia diritto di finire negli annali poco importa, anche se è l’ennesima ingiustizia che l’estetica patisce a vantaggio della burocrazia; non provate a chiamarla effimera, però, una giocata del genere; se non altro perché in un pomeriggio gelido da “prendi i punti e scappa”, quando tra l’altro comincia l’avventura di un amico timido, è l’unica cosa che riscalda il cuore, che appaga la vista, che ristabilisce una gerarchia tecnica che qualche stolto aveva messo in discussione.
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