rassegna stampa roma

Balli e scherzi: la squadra fa festa così

(Il Romanista-C.Zucchelli) Sorrisi, abbracci, stanchezza (tanta), scherzi al timido Bojan quando fa le interviste e una serata tra amici. Il post partita di Novara- Roma è stato soprattutto questo.

Redazione

(Il Romanista-C.Zucchelli) Sorrisi, abbracci, stanchezza (tanta), scherzi al timido Bojan quando fa le interviste e una serata tra amici. Il post partita di Novara- Roma è stato soprattutto questo.

E’ stato l’abbraccio di Luis Enrique a Osvaldo, le "boccacce" di qualcuno a Pjanic quando parla in inglese, la corsa di Borriello per abbracciare Osvaldo dopo il gol (proprio lui, che non gioca quasi mai...) e anche la presenza a sorpresa di Simon Kjaer che si è materializzato in tribuna prima del fischio d’inizio con uno zuccotto nero che ne copriva gli inconfondibili capelli biondi e che, al gol di Bojan, ha esultato come il primo (l’ultimo) dei tifosi.

La fine di Novara-Roma è stata anche il sorriso di Leo Rosi che proprio con il danese si è fermato a Milano. Non sono tornati a Roma neanche Bojan, Borriello, Cassetti e De Rossi, impegnato da stasera con la Nazionale e raggiunto al Silvio Piola dalla fidanzata. Per tutti, compresi quelli che invece hanno ripreso l’aereo per la Capitale, quella di ieri è stata una giornata di riposo assoluto. Da vivere col sorriso sulle labbra, come José Angel, di prima mattina, scrive su Twitter: "Oggi tutti i romanisti sono contenti". Appunto. I primi ad esserlo sono i tifosi, soprattutto quei 300 che sabato sera, nonostante la pioggia torrenziale, occupavano il settore ospiti. Arrivati in Piemonte con ogni mezzo (treno via Milano la maggior parte, macchina gli altri) sono stati fatti uscire dallo stadio una ventina di minuti dopo il fischio finale: molti sono ripartiti subito, qualcun altro ieri mattina. E, in una città che da quattro giorni non conosce il sole, non era male vedere, qua e là, qualche tocco di giallorosso. A salutarli prima di lasciare lo stadio tutti i giocatori, l’allenatore e, come fa sempre, il mental coach Llorente. Anche lui, prima di imbarcarsi per tornare a Roma, ha affidato il suo pensiero a Twitter per fare i "complimenti ai romanisti". Li aveva già fatti alla squadra nello spogliatoio, così come l’allenatore. Per loro la Roma si è espressa bene così come a Genova, cambia solo il risultato. Che poi, spesso, fa tutta la differenza del mondo.

Pochi discorsi, soltanto qualche parola perché, dopo partite così, non c’è molto da dire a caldo: «Bravi tutti - il senso del discorso di Luis Enrique - è così che voglio vedervi. Stiamo crescendo, continuiamo così». Ci sarà tempo per analizzare le cose che non sono andate, ci sarà tempo (forse, ma anche no) per pensare a cosa sarebbe potuto succedere se Meggiorini avesse passato il pallone e/o Stekelenburg non c’avesse messo la mano. Subito dopo le parole alla squadra, per Luis Enrique è stato tempo di interviste. Per tanti giocatori, fatta la doccia, il programma è stato lo stesso. La voglia di parlare c’era così come c’era la voglia di vincere per vivere queste due settimane di sosta nel modo migliore possibile. Non si staccherà quasi mai da Trigoria, ovviamente, Luis Enrique. Il suo programma è sempre lo stesso: arrivare presto, andare via tardi. Con la presenza, discreta ma costante, dei dirigenti. A Novara Sabatini, partito venerdì con la squadra, ha seguito il riscaldamento a dieci metri dai giocatori, fermandosi a parlare fitto fitto per una decina di minuti con Rosi (e chissà che non sia servito...) mentre Baldini è arrivato in Piemonte direttamente il giorno della partita. Loro in Luis Enrique non hanno mai perso la fiducia, il dialogo è costante e bastava vederli subito dopo la partita lanciarsi uno sguardo che valeva - ma davvero - più di mille parole. I piccoli grandi gesti, d’altronde, sono forse la vera rivoluzione di questa Roma. Più di tanti proclami.

E allora eccoli, in successione, i più belli che arrivano dal Silvio Piola: la stretta di mano - energica - e occhi negli occhi tra Luis Enrique e Pjanic quando il bosniaco ha lasciato il posto a Perrotta, l’abbraccio tra lo stesso allenatore e Osvaldo mentre l’argentino era impegnato a Sky e gli scherzi a Bojan quando veniva intervistato come migliore in campo (i compagni battevano dietro al tabellone degli sponsor per farlo distrarre). E poi ancora i tanti abbracci a Stekelenburg, i "cinque" a Rosi, le pacche sulle spalle di Burdisso a Lamela: Nicolas si comporta con Erik come un fratello maggiore, spesso lo riporta a casa dopo l’allenamento, lo consiglia praticamente ogni giorno. Così come Heinze. L’ultima cartolina da Novara porta la sua firma: quando Osvaldo segna il raddoppio lui quasi entra in campo per festeggiare. E poi, negli ultimi minuti, si mette a dare indicazioni a tutti neanche fosse Luis Enrique. Quando Rocchi fischia la fine è quasi più stremato dei compagni. Che se lo abbracciano uno per uno.