(Il Messaggero - A.Angeloni) Il suo soprannome calcistico, da queste parti, provoca un certo brivido: metralleta, cioè mitraglietta.
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Arriva Osvaldo con la mitraglia
(Il Messaggero – A.Angeloni) Il suo soprannome calcistico, da queste parti, provoca un certo brivido: metralleta, cioè mitraglietta.
La mitraglia doc la esibiva dopo ogni gol Batistuta, l’uomo che ha inciso pesantemente sull’ultimo scudetto della Roma. Mitraglietta è Pablo Daniel Osvaldo, cresciuto con il mito di Gabriel: centravanti come lui, esulta come lui, argentino come lui, anche se nella vita ha preferito concedersi alla maglia azzurra (Olimpica e Under 21 di Casiraghi), con la quale nel 2008 ha vinto il torneo di Tolone (suo il gol vittoria in finale con il Cile). Ma poi l’Italia lo ha bocciato e Osvaldo è emigrato all’Espanyol (ventidue reti in quarantasette partite). Con Atalanta, Lecce, Fiorentina e Bologna ha vissuto da talento inespresso e non ha lasciato tracce indelebili: una ventina di gol in tutto.
Il suo amico e ex compagno di squadra nell’Espanyol, Ivan de la Peña, fino a poco tempo su Osvaldo aveva fatto una testa così a Luis Enrique, che a sua volta l’ha fatta a Sabatini. Osvaldo è l’attaccante scelto, anche se come Borriello, non gradisce fare l’esterno. Non avete preso Kameni, ora voglio Osvaldo, la volontà di Luis l’asturiano. E Sabatini lo accontenterà.
Pablo Daniel, detto anche Dani, ora in vacanza all’Elba con la moglie Elena e la figlia Victoria, ha cominciato molto presto, a nove anni, nel settore giovanile del Lanus, per poi passare nel 1999 al Banfield, quindi all’Huracán. Dal 2006 gira l’Italia. All’Atalanta gioca tre partite in B segnando un gol. Nell’estate del 2006 viene girato al Lecce, dove incanta Zeman e litiga con Papadopulo, che lo relega in panchina. Non meglio le due stagioni successive, nella città dove Batistuta è diventato il Re Leone, cioè Firenze, finite con ventuno presenze e cinque reti. In viola si trova male, l’eredità di Toni non è uno scherzo e i tifosi lo prendono in giro per il suo nome: cameriere Osvaldo, barbiere Osvaldo.
Tutto tranne un calciatore. Lui la prende male, non ci sta. Ama i tatuaggi e un look molto trendy. Caratterino difficile, dicono. Uno che se non gioca va in escandescenza. Gli piace la bella vita, i locali, raccontano a Firenze.
Eppure l’esordio in viola non è male: segna una doppietta a Livorno, il giorno dopo si presenta agli allenamenti in Ferrari. Apriti cielo, dovette giustificarsi con un «me l’hanno prestata, io giro in Mini o in taxi».
Fa pace con i tifosi quando segna il gol, con tanto di mitraglietta, della storica vittoria della Fiorentina in casa della Juventus (3-2). La rete più spettacolare arriva all’ultima giornata del campionato 2007-2008 contro il Torino (1-0), quando segna con una splendida rovesciata il gol qualificazione in Champions League. Ma l’amore finisce presto. Osvaldo non è Batistuta, né Toni. A Bologna? Peggio ancora. Ora riprova con l’ Italia, con Roma, la città dei camerieri, dei barbieri, ma anche di Batistuta.
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