(Gazzetta dello Sport-A.Catapano) E se la scelta fosse tra stranieri e stranierissimi, come esclamava Verdone in uno dei suoi film più celebri? Se, cioè, la partita vera nelle prossime ore la giocassero solo americani e arabi, ammesso che esistano?
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Americani favoriti Angelucci più indietro
(Gazzetta dello Sport-A.Catapano) E se la scelta fosse tra stranieri e stranierissimi, come esclamava Verdone in uno dei suoi film più celebri? Se, cioè, la partita vera nelle prossime ore la giocassero solo americani e arabi, ammesso che esistano?
L’offerta di Angelucci, questo è certo, è almeno in partenza assai meno competitiva. Certo, al netto del gradimento trasversale che il personaggio vanta nei palazzi del potere. Ma anche qui, alcune resistenze forse hanno perso di peso rispetto al passato. Sembrano trascorsi secoli da quando sindaci, ministri, leader politici, capitifosi facevano apertamente il tifo per i famosi imprenditori romani. Ora lo lasciano intendere, ma ufficialmente non si schierano. Ieri il sindaco Alemanno si è limitato a dire che «il nostro unico interesse è che Unicredit scelga un interlocutore che sia forte dal punto di vista economico e affidabile per la città e per la squadra. Ho avuto piena garanzia da questo punto di vista: metteranno la Roma in ottime mani» . Ecco. Di chi saranno le «ottime mani» ? Del consorzio guidato da Thomas DiBenedetto o della società Claraz Sa?
Similitudini e oscurità Come tre anni fa, un’offerta americana — costruita per mesi, riunione dopo riunione, limatura dopo limatura, e infine confezionata in un memorandum d’intesa che sembrava averle spianato la strada— si è imbattuta in un competitor arabo, (ri) spuntato a pochi metri dal traguardo. Ovviamente, rispetto al precedente Soros, ci sono un paio di differenze. La prima: allora trattava Rosella Sensi, oggi UniCredit. La seconda: nel 2008 il rilancio arabo fu un bluff, ora l’offerta c’è ed è stata depositata. Ma i lati oscuri abbondano anche a questo giro. Perché se del progetto americano si conoscono ideatori, finanziatori, advisor, perfino a grandi linee contenuti e accordi con UniCredit, dell’offerta araba o presunta tale sappiamo poco e niente. E quel poco è arrivato off the records. La proposta è stata presentata attraverso una piccola e misteriosa società lussemburghese, la Claraz Sa. E la parte legale l’ha curata lo studio Dla Piper, questo molto noto. Fine delle informazioni ufficiali. Dentro l’offerta, ci sarebbero i soldi di Aabar, ricchissimo fondo d’investimento di Abu Dhabi. Ma siamo proprio sicuri? Chi si cela in realtà dietro la Claraz? È davvero riconducibile ad Aabar? E allora chi vuole investire nella Roma e nel calcio italiano? E ancora, c’è un progetto sportivo? Chi lo ha curato? L’investimento è a medio o lungo termine? Domande che soprattutto i tifosi si stanno ponendo.
Respiri diversi Per quel poco che se ne sa e ipotizzando che Aabar sia coinvolta, si può dire che il progetto americano e quello lussemburghese/arabo sembrano figli di filosofie e respiri diversi. Lungo quello degli statunitense, incentrato sul mantenimento di una squadra di alto livello ma, soprattutto, sul potenziamento della struttura societaria, dal vivaio al management, da Trigoria al merchandising. Più corto e immediato, forse, il respiro di Claraz/Aabar. Si concentreranno sulla squadra più che sulla struttura societaria e magari lasceranno la gestione della società a UniCredit. Ma sono illazioni. Come finirà? Ecco, appunto. La banca deciderà a quali mani affidare la Roma, forse subito, oppure dopo aver stilato un’ulteriore short list. Con un’accortezza, però: se giocherà al rialzo, qualcuno potrebbe alzarsi e abbandonare il tavolo. Sarebbe difficile dargli torto. E sarebbe un film dell’orrore già visto.
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