«Il rapporto tra Roma e lo sport è molto positivo. La città ha dato prova di poter organizzare grandi eventi in tutta sicurezza. I recenti Internazionali di tennis sono stati un successo di pubblico.
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Alemanno:«Il gruppo americano dà fiducia: è solido»
«Il rapporto tra Roma e lo sport è molto positivo. La città ha dato prova di poter organizzare grandi eventi in tutta sicurezza. I recenti Internazionali di tennis sono stati un successo di pubblico.
E ora arriva il Golden Gala con la stella Bolt. Stiamo cercando di coinvolgere tutta la città perché l’atletica è la regina di tutti gli sport e noi dobbiamo spingere i ragazzi ad amarla e a praticarla: è impensabile un mondo senza l’atletica». Tutti spot per promuovere la candidatura olimpica di Roma all’estero...«Dal punto di vista organizzativo abbiamo dimostrato di essere affidabili. Nessuno può dire il contrario. Abbiamo superato esami importanti e non solo con i grandi eventi sportivi, come ha dimostrato la beatificazione di Giovanni Paolo II. Credo che l’immagine che arriva all’estero di Roma sia estremamente positiva». La corsa per riportare a Roma l’Olimpiade nel 2020 sta entrando nel vivo: a che punto siamo? «La possibilità di avere l’Olimpiade è molto seria. Non sarà facile ma possiamo vincere la corsa. Noi siamo stati i primi a farci avanti, ma non sappiamo ancora quali saranno gli avversari. Il Cio aprirà ufficialmente la competizione lunedì. Stiamo lavorando sulla delibera che dovrà essere approvato dal Consiglio comunale entro due settimane: servirà un voto unanime. Questo ci consentirà di predisporre il primo stanziamento. Poi si andrà in Parlamento. Su suggerimento di Tremonti abbiamo predisposto una commissione ad hoc che studi l’aspetto economico in termini di uscite ed entrate. Vogliamo dimostrare che l’Olimpiade è una grande opportunità per la città e l’Italia e non un peso». Serve un progetto condiviso per convincere i membri Cio a votare Roma. Pensa ci siano degli ostacoli?«Non credo proprio. Sull’Olimpiade a Roma siamo tutti d’accordo. Nessuno ha detto di no, né dalla destra né dalla sinistra. Sia in sede locale che in quella nazionale. La stessa Lega non si è opposta, anche grazie al patto scaturito dalla nostra rinuncia al progetto della F.1 a Roma. Anche la procedura della candidatura, da qui al 2013, dovrà essere condivisa da tutti». Sì, ma per convincere il Comitato olimpico internazionale, non basterà puntare solo sul fascino di Roma.«Certo che no. Sull’Olimpiade non si scherza. Per vincere dobbiamo mettere insieme due fattori: rigore massimo e unità massima. C’è il rischio che il gioco politico, oggi troppo avvelenato, possa legittimare sospetti infondati. Per questo occorre la massima rigidità nei controlli. Una vigilanza costante». Quali sono gli ostacoli principali che dovrà superare la candidatura?«Più che ostacoli direi rischi. Il fuoco amico, per esempio. Non è che ci siano segnali in questo senso, ma non si sa mai. Evitarlo significherebbe far cambiare l’idea di noi che hanno all’estero dove dicono: “ Roma ha unbel progetto, ma gli italiani sono troppo litigiosi...“ e in effetti siamo una leggenda planetaria. In tanti ci aspettano al varco: dobbiamo smentirli. Ci possiamo riuscire coinvolgendo tutti». Quali le potenziali avversarie di Roma che più teme?«Il 6 luglio a Durban il Cio designerà la sede dei Giochi invernali 2018. In quell’occasione sapremo chi sarà nostro avversario. C’è la possibilità di una candidatura di Tokyo, e in quel caso l’impatto emotivo sarebbe grande dopo la tragedia che ha colpito il Paese del Sol Levante. Da temere anche una candidatura da un Paese emergente che finora non ha mai ospitato l’Olimpiade, come Turchia e Sudafrica. E Parigi potrebbe anticipare la candidatura, prevista per il 2024, se i Giochi invernali del 2018 dovessero andare in Corea». Come giudica la scelta di Mario Pescante alla guida del Comitato promotore?«Con la designazione di Pescante abbiamo scoperto l’acqua calda. Era la persona più indicata, è vice presidente del Cio e chi meglio di lui conosce la macchina? E’ stata la scelta migliore». Ci spiega perché, dopo la designazione, Luca Montezemolo ha dovuto rinunciare all’incarico? «La vera storia del suo no? E’ semplice. Lui è un imprenditore e uomo di sport molto conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Prima di accettare, ha ritenuto di porre delle condizioni che in quel momento però non abbiamo potuto garantire. Mi è dispiaciuto, ma è meglio avere certezze da subito. E poi il suo impegno per Roma 2020 c’è, è membro del comitato d’onore». E i rapporti con il Coni? «Ottimi. Con Petrucci e Pagnozzi c’è grande stima e amicizia personale. Tutta la macchina organizzativa si sta mettendo in moto. Se pensiamo che già a gennaio 2012 ci saranno le prime ispezioni del Cio, si capisce che non c’è tempo da perdere ». Quali sono i punti qualificanti del progetto Roma 2020?«E’ un progetto meraviglioso. Quasi più bello di quello presentato nel 1997 per i Giochi 2004 e che fu battuto di poco da quello di Atene. Il Parco fluviale è l’asse portante della nostra proposta. Nella sua parte centrale sorgerà il Parco Olimpico: villaggio atleti, campi allenamenti e siti per le gare sarà tutto a dimensione umana». Qual è la sua idea sulla nuova proprietà della Roma? «Ho seguito passo passo la vendita della società: ci sono stati momenti di preoccupazione e anche di sbandamento. Ma ritengo che la cordata di DiBenedetto sia molto qualificata. Per due motivi: 1) ha una grande capacità di investimento; 2) Sono imprenditori che hanno già una vocazione sportiva negli States. Quindi si tratta di un salto di livello per la squadra e la città perché la nuova proprietà potrà offrire una promozione internazionale del calcio romano. E’ gente seria che ci mette la faccia. Che non ha secondi scopi se non quello sportivo. Con loro sarà una “Roma globale”». E’ rimasto deluso che non si siano fatti avanti imprenditori di Roma? «Rispetto a una proprietà con imprenditori locali, ma fuori dal mondo dello sport, preferisco questa targata Usa. Un passaggio a imprenditori di Roma avrebbe potuto creare una montagna di illazioni e complicazioni». Cosa si aspetta dalla nuova proprietà? «Intanto che possa rafforzare la squadra per un prossimo campionato in cui la Roma sia protagonista fino all’ultima giornata. Ma grazie alla nuova gestione vorrei che ci fosse meno azione repressiva a livello di tifoserie. Che si possa costruire un tifo più positivo con un’ azione che vada in profondità, che promuova iniziative legate al sociale». In ottica Giochi, pesa la mancanza di risultati nello sport di vertice romano?:Roma fuori e Lazio a rischio per la Champions; il basket fuori da play off ed Eurolega, il volley idem...«Roma e lazio sono il motore principale. Più in generale però i club di altri sport soffrono la crisi economica che tiene lontani imprenditori e sponsor, necessari a costruire squadre forti». Cosa ne pensa della querelle tra Lazio e Coni?«Noi abbiamo un’idea sui costi dei servizi che spettano al comune e quelli che devono pagare invece le società. Detto questo però spero che il problema con il Coni si possa risolvere rapidamente. Altrimenti c’è il rischio di dare un brutto segnale». Problema stadi: Roma e Lazio li vogliono di proprietà... «Già la Sensi presentò un progetto, rispettabile, ma a quel tempo impraticabile. Ora incontrerò DiBenedetto in Campid
oglio e vedremo. Anche Lotito vuole il suo stadio. Ma la legge su questa delicata materia è ancora incagliata in Parlamento». E allora? «Il Comune non ha soldi da metterci. Ma il problema vero è che devono essere presentati progetti capaci di valorizzare l’area prescelta, che siano urbanisticamente compatibili. Progetti che non diano sospetti di speculazione. Finora invece ci sono state solo ipotesi di progetti, non percorribili perché troppo in periferia. Mentre il tifoso li vuole più centrali». A proposito di impianti, come vanno quelli già iniziati e i siti previsti dal progetto olimpico?«L’aspetto più urgente è il completamento della cittadella dello sport a Tor Vergata. E’ un’opera faraonica, che sarà anche polo olimpico. Per ultimarlo mancano ancora 400 milioni. Per ciò che riguarda le opere programmate nella candidatura, sono previste tutte su terreni pubblici. Quindi no a speculazioni ». E il basket romano? «Devo ammettere che Toti è giù di morale per i risultati della Lottomatica. Ci sono troppi segnali negativi. Lo incontrerò presto e vedremo cosa fare». Roma rischia di perdere il Sei Nazioni di rugby?«No. Il Sei Nazioni resta a Roma. Grazie all’aiuto di Petrucci verrà utilizzato lo stadio Olimpico. Il problema Flaminio c’è. E’ reale. La soluzione complicata. Intanto perché è troppo piccolo. Stiamo lavorando co Sovraintendenza e la Fondazione Nervi. Ma anche con l’architetto Piano e la Federugby ». Sport e scuola, Roma come è messa?«Non bene. Il livello non è soddisfacente. Stiamo preparando un progetto di manutenzione di impianti in 400 scuole. Ma serve crescere come infrastrutture». Qual è il sogno di Gianni Alemanno sportivo?«Scalare un 8000 metri prima dei 60 anni. Una cima facile, magari come il Cho Yuo. Finora sono arrivato fino ai 6000 metri». Tutto qui? «No. Ho scommesso che il prossimo anno correrò una intera maratona. Quella di Roma. Quella vera sui 42 km. Dopo l’intervento alla gamba sto ancora facendo fisioterapia, ma presto inizierò ad allenarmi. Intanto domenica sarò alla Race for the Cure».
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