(Il Messaggero - R.Renga) Ieri mattina è uscito sul Corriere dello Sport l’ultimo pezzo di Lino Cascioli. Tra i suoi migliori. Lucido, razionale, intelligente sino alla fine, il nostro caro Lino.
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Addio a Lino Cascioli, firma storica del calcio
(Il Messaggero – R.Renga) Ieri mattina è uscito sul Corriere dello Sport l’ultimo pezzo di Lino Cascioli. Tra i suoi migliori. Lucido, razionale, intelligente sino alla fine, il nostro caro Lino.
La Roma perde benissimo, ha scritto. Duro e poetico insieme. Era così. Aveva settantasei anni e ancora una gran voglia di scrivere e di scrivere bene, come sempre ha fatto. Prima di venire al Messaggero, aveva lavorato altrove e ricordava spesso le pagine rosa del Momento Sera. Ma è qui, tra queste stanze, che è diventato il più bravo cronista di sempre tra quanti hanno raccontato la Nazionale. Chi scrive, più giovane e inesperto, si trovava in un altro giornale e approfittava delle trasferte e delle lunghe e divertenti cene che sempre chiudono il giorno degli inviati, per capire come si può diventare Cascioli, temuto e rispettato da protagonisti e colleghi. Lino sedeva accanto, regalava aneddoti e lezioni, ma poco prima aveva telefonato, come succedeva allora, al Messaggero uno di quei pezzi che ti avrebbero rovinato la giornata successiva. L’amicizia era una cosa, il lavoro un’altra. Una lezione, anche quella. In Nazionale, almeno una volta, c’era competizione tra i giornalisti. E girava una graduatoria ufficiosa. Chi aveva fatto più scoop? Lino era sul podio. Veniva guardato da chi era alle prime armi e ai primi buchi (dati, ma soprattutto presi) come il maestro, quello da cui c’era da copiare e imparare. Rubare il mestiere, si dice. Sono passate alla storia del giornalismo azzurro le conferenze stampa in cui da una parte c’era il serafico Lino e dall’altra l’impetuoso e ingenuo Enzo Bearzot. Cascioli aveva il potere di scuotere dalle fondamenta il cittì. Una domanda, diretta e legittima, del giornalista e l’altro prendeva fuoco. Uno spettacolo. Ma Bearzot lo stimava e proprio a Lino, a quello che veniva considerato un nemico e che una volta cacciò dal tempio azzurro, concesse un’esclusiva indimenticabile: la sua nuova Italia.
Lino lasciò il giornale perché, romantico e poeta, voleva aprire una nuova fase della sua vita. E fondò una casa editrice, il Parnaso, che ci ha offerto via via libri da collezionare, su Roma e la Roma, cui ieri ha dedicato il suo ultimo pensiero.
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