(Corriere della Sera) - Se fosse una partita di tennis, la cordata americana di Thomas DiBenedetto giocherebbe un match ball.
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Acquisto Roma, vantaggio Usa
(Corriere della Sera) – Se fosse una partita di tennis, la cordata americana di Thomas DiBenedetto giocherebbe un match ball.
Basta un punto per acquistare la Roma, facendo la storia del calcio italiano. Al termine di una giornata in conference call, la proposta vincolante di acquisto del gruppo bostoniano è stata ritenuta «la più competitiva» da un comunicato di Compagnia Italpetroli, la holding della famiglia Sensi, debitrice nei confronti di Unicredit. Ai tavoli erano seduti i vertici Unicredit (Fiorentino, Peluso), Rothschild (Daffina) e il Cda di Roma 2000 (Zimatore, Muto e Rosella Sensi, amareggiata per il pareggio contro il Brescia e la squalifica di due giornate a Mexes per insulti al quarto uomo). Il comunicato è il primo passo ufficiale dopo tante, troppe voci incontrollate e incontrollabili, che avevano fatto scattare l’attenzione della Consob sulla vendita del pacchetto di controllo della Roma.
Nel dettaglio, Compagnia Italpetroli precisa che «dopo un’approfondita comparazione della documentazione ricevuta, l’esame si è concentrato sulla proposta formulata dalla società statunitense che, in base alle informazioni allo stato disponibili, si presenta come la più competitiva. Compagnia Italpetroli ha chiesto all’offerente di fornire alcune ulteriori informazioni e integrazioni alla propria offerta». L’approfondimento servirà a definire importo e dettagli dell’aumento di capitale necessario per rimettere in sesto il bilancio della società. A detta degli advisor l’offerta è articolata anche se non particolarmente alta dal punto di vista economico (120 milioni di euro), riflettendo il calo di valore della società provocato dai problemi emersi dopo la chiusura del bilancio. È l’anticamera della trattativa in esclusiva che gli americani volevano. Dopo la tre giorni a New York in cui i vertici di Unicredit avevano incontrato DiBenedetto sembrava tutto fatto. Ma poi erano spuntate — oltre a quella dell’altro vero pretendente, Gian Paolo Angelucci — altre tre offerte, una delle quali particolarmente misteriosa, veicolata dalla società anonima lussemburghese Claraz. Lì era il «giallo» dell’offerta di Aabar, poi smentita ufficialmente dal fondo sovrano di Abu Dhabi. E lì gli americani avevano anche pensato di andarsene, per non essere scottati come avvenne al George Soros Management Fund di fronte alla comparsa di un «fanta-emiro» che fece saltare la trattativa. Questo vuol dire che la Roma è stata venduta? No, perché la trattativa è da chiudere. Le altre offerte — in primis quella di Angelucci — sono congelate, ma non cancellate. E l’advisor Rothschild è convinto di aver presentato 5 buone possibilità alla Roma, due delle quali (Usa e Angelucci) non lontane come qualità.
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