(Il Romanista - R.Molinari) - Quando parli di Roma-Juventus, non ti riferisci a una partita normale.
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16 Marzo 1986: Amore, fede, Fausto Iosa. Così nacque il «kolossal prodotto a Hollywood»
(Il Romanista – R.Molinari) – Quando parli di Roma-Juventus, non ti riferisci a una partita normale.
Questa è una di quelle particolari, una partita piena di arrabbiature, di soprusi, di insidie, di gioie e dolori, di scenografie "degne di un kolossal prodotto a Hollywood", come disse un noto giornalista della Rai quando dovette commentare uno spettacolo che coinvolgeva tutto lo stadio. A causa di questa partita si sono avvelenati il fegato anche i nostri presidenti: dalla "questione di centimetri" di Dino Viola alle battaglie in lega di Franco Sensi.
Il gol di Turone, il fallo laterale di Aldair, i rigori negati e le “ammonizioni chirurgiche” che partivano dalla settimana precedente e le espulsioni ingiuste. Striscioni su striscioni in curva per contestare e per dichiarare a tutto il mondo quali ingiustizie fossero perpetrate nei confronti della Roma. I tifosi giallorossi però non perdono mai e, partendo proprio dal commento di quel giornalista, vogliamo ricordare il fantastico spettacolo che si consumò quel 16 marzo 1986, quando, lo ripeteremo fino alla morte, le partite si giocavano tutte domenica alle 15.00. Quel giorno le scenografie raggiunsero il loro punto più alto. Quella volta, per una volta, striscioni come il celebre "soli contro tutti" che occupava tutto il tabellone nel vecchio Olimpico (ricordi di uno stile di calcio che non c’è più) dove era raffigurata una cella con tanto di sbarre, preludio a quello che sarebbe successo da lì a poco, lasciarono il campo a una manifestazione di amore e di fede. Tante persone coinvolte per raggiungere l’obiettivo di "vestire" lo stadio completamente di giallo e rosso e quello soprattutto di intimidire la squadra bianconera, di superare tutti quegli ostacoli che questa partita proponeva per i nostri colori.
L’orchestra fu diretta con scrupolosità e genialità da lui, il “Maestro”. Il "maestro" si chiamava Fausto Iosa, che ci ha lasciato poco tempo fa e che rimarrà sempre nei nostri cuori. Sarà sempre il nostro papà, quello che ci ha insegnato tanto e che ci ha aiutato in qualche momento difficile. Con una coordinazione fantastica quelle strisce comparvero in cima agli spalti per finire quasi nel fossato coprendo tutti gli spettatori presenti, formando un’immensa bandiera a strisce gialle e rosse, come se il tifoso fosse diventato un gigante contro l’altro gigante, quello della Juventus. Avevamo raggiunto il nostro obiettivo quello di impaurire i giocatori avversari. Tra i loro commenti, ce ne fu uno, quello di Cabrini, che ci colpì: «Quando sono entrato ho capito che quella partita era già persa». Ci eravamo riusciti. Quello spettacolo fu messo in scena grazie a lavoro di tanti ragazzi che si prodigarono per giorni e giorni a far si che la scenografia riuscisse. Erano tempi d’oro per il tifo, tempi che non torneranno più a causa di inutili "repressioni" e diritti tv. Tempi che erano dedicati alla realizzazione di qualcosa che prescindeva dal tifo, che andava oltre lo stesso, per poter dire alla nostra squadra quanto l’amavamo e quanta passione e fede ci mettevamo.
Tutti quei ragazzi furono premiati dall’allora Presidente Dino Viola nella partita successiva. Quei ragazzi ricevettero il Premio Fair Play che era dedicato alla tifoseria che avrebbe fatto i migliori spettacoli. Questi ragazzi con queste poche righe hanno provato a raccontarvi qualcosa che solo chi era presente quel giorno allo stadio poteva raccontare. Riuscendo, magari, a trasmettere la voglia di entrare allo stadio con un altro spirito, quello di essere il dodicesimo giocatore in campo, con la voglia di far sentire il fiato sul collo agli avversari, quello di "annullare" la Juventus.
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