La prima notizia arriva da un vertice pomeridiano, di quelli infuocati, in Campidoglio: lo stadio della Roma rimarrà solo un bel progetto su carta. Il Comune non ha intenzione di proseguire l’iter. Lo scandalo di ieri ha fatto tremare le gambe a tutti a palazzo Senatorio. E non è escluso che nelle prossime ore siano altre le teste che salteranno: già perché della lista dei 27 indagati solo 16 sono stati resi noti. Gli altri 11 sono in un secondo filone d’inchiesta e tra questi ci sono nomi eccellenti, di primissimo piano nella politica romana. E dire che la sindaca, ieri mattina, a blitz ancora in corso, aveva dichiarato: «Chi ha sbagliato pagherà, ma il progetto va avanti». Ma tutti sapevano che quelle erano soltanto parole di circostanza. Non solo. Martedì la prima cittadina twittava così: «Lo stadio a Tor di Valle si avvicina».
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Ora tremano altri politici
L’inchiesta va avanti, presto undici nuovi indagati e nomi eccellenti
Ma ieri è arrivato l’ordine di scuderia nel M5S (dopo il diktat a Ferrara di autosospendersi dal partito): quello di congelare il progetto Tor di Valle. Un piano edilizio che aveva richiesto varianti al Prg, scatenato i comitati di Roma sud e fatto gridare allo scandalo gli addetti ai lavori che vedevano nella casa dei romanisti uno specchietto per coprire un’allodola gigante fatta di cemento e cubatureprivate. Ora che lo scandalo è esploso c’è la corsa a distaccarsi dal progetto stadio. Le prossime ore ci regaleranno altre sorprese pesanti. Nel frattempo il Governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, difende il suo ex assessore: «Confermo, come sempre, piena fiducia nell’operato della magistratura - premette - Michele Civita, che considero da sempre un uomo onesto delle istituzioni, sono convinto che saprà dimostrare la fondatezza delle sue ragioni». Ma le intercettazioni dell’uomo che in regione seguiva l’iter dello stadio sono chiare: «Ti mando il curriculum di mio figlio - diceva Civita al telefono a Parnasi - per una questione di opportunità nulla che riguarda le tue società».
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