rassegna stampa roma

Nappi, allenatore a Pechino: “Cina un esempio, la serie A impari”

L'ex giocatore icona funambolica del calcio anni ’90: "Campionato subito fermato, in Italia troppi errori"

Redazione

Dribbliamo il coronavirus. Potrebbe essere questo lo slogan di Marco “Nippo” Nappi, icona funambolica del calcio anni ’90. Oggi Nappi, romano e bandiera di Genoa e Atalanta, allena in Cina. Al Bsu Beijing. E parla, intervistato da Francesco Balzani su Leggo,  delle differenze di approccio dei “suoi” due paesi.

Come sta vivendo questi giorni così difficili?

"Ho vissuto la lunga fase del coronavirus. Quando è scoppiato a Wuhan ero nella mia casa di Ladispoli per le festività del capodanno cinese. Ho sentito i miei giocatori ed ero in ansia per i miei amici anche se noi viviamo vicino Pechino e quindi abbastanza lontani dalla zona rossa. Poi è arrivato in Italia, e ora sono affranto per Brescia e Bergamo dove ho passato anni bellissimi. Io non vedo l’ora di tornare in Cina, anzi già vorrei essere lì anche se mi toccheranno 14 giorni di quarantena".

Lei ha quindi vissuto in qualche modo le due esplosioni di epidemie, che differenza ha trovato tra Cina e Italia?

"In Cina sono stati severi, sono rimasti davvero tutti a casa e la polizia passava per le case col termometro. Il campionato si è fermato quasi subito e nessuno ha fiatato. Qui abbiamo parlato di influenza e abbiamo fatto giocare partite come Genoa-Lazio, Napoli-Barcellona o Atalanta-Valencia. E poi c’è troppa gente in strada. Ma che correte? In Cina tutti si allenavano in casa compresi i miei ragazzi, si può fare».

E’ per la ripresa del campionato?

"In Cina dovrebbe riprendere il 10 aprile. Lì hanno risolto davvero i problemi. In Italia è assurdo pensare che tutto finisca in un mese e mezzo. Il campionato va annullato per pandemia, lo scudetto assegnato ai medici. Sento pure parlare di ripresa degli allenamenti, assurdo. Pure le porte chiuse sono una buffonata".

Non vuole proprio restare in Italia?

"Un giorno tornerò anche perché a Roma ho le mie figlie, ma devono cambiare tante cose del sistema calcio. A partire dalla meritocrazia. Io mi sono ritrovato senza squadra dopo aver vinto un campionato a Livorno. In Cina mi sento più apprezzato".