Un agguato in piena regola, a Roma, con un'organizzazione di stampo paramilitare, scrive Francesco Balzani su Leggo. La faida tra ultrà in Italia non si placa e ha coinvolto nella notte di sabato anche la frangia più estrema del tifo europeo, quella della Stella Rossa di Belgrado.
Leggo
La vendetta ultrà
Teatro dell'assalto è stata piazza Mancini, a due passi dallo stadio Olimpico dove pochi minuti prima si era giocata Roma-Empoli. A farne le spese lo storico gruppo Fedayn della curva Sud. Una decina di loro ha visto spuntare dal nulla 50 ultrà serbi pronti ad aggredirli con mazze, bastoni e a quanto pare anche armi da fuoco.
L'obiettivo era uno: rubare lo striscione di rappresentanza portandolo a Belgrado e vendicare gli amici napoletani (le due curve sono gemellate) dopo la figuraccia rimediata l'8 gennaio in una stazione di servizio sull'A1 quando 50 romanisti tutti o quasi appartenenti ai Fedayn avevano tenuto testa a 300 ultrà partenopei. Ai Fedayn è stato portato via anche un borsone che conteneva altri striscioni storici.
Un agguato studiato nei minimi dettagli che ha portato a 3 feriti gravi. La spedizione serba sarebbe rimasta in Italia dopo aver seguito il match di basket della propria squadra contro l'Olimpia Milano. In patria li chiamano delije, eroi, i rivali invece zingari. Si tratta di eredi di gruppi paramilitari e politici di Milosevic e si sono fatti conoscere in Italia nel 2010 a Marassi (come dimenticare Ivan Bogdanov?). I romanisti avrebbero pagato anche l'amicizia con i Bad Blue Boys dello Zagabria e hanno provato a riprendere lo striscione a Fiumicino, in 20 si sono diretti verso l'aereoporto (blindato dalla polizia) con la speranza di individuare i serbi che però erano già partiti con altri mezzi. In base ai regolamenti ultras, infatti, se lo striscione dovesse essere bruciato il gruppo si deve sciogliere.
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