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Arbitri, squadra a parole. Per l’errore di Catania paga solo il guardalinee

(lastampa.it- M. Ansaldo) – Il colpevole è Maggiani.

Redazione

(lastampa.it- M. Ansaldo) - Il colpevole è Maggiani. Se non bastassero le parole dei dirigenti arbitrali («Purtroppo è stato un errore importante di uno dei nostri migliori assistenti», ha detto il presidente dell’Aia, Nicchi) le designazioni per il turno infrasettimanale dimostrano che le colpe del pasticciaccio di Catania sono state addossate esclusivamente sul guardalinee spezzino.

Lui sta al palo, invece Rizzoli stasera dirigerà Palermo-Milan e Gervasoni sarà l’arbitro di porta a Cagliari, anche se ci si aspettava una punizione per non aver neppure ammonito gli juventini che dalla panchina si sono scagliati verso di lui e il guardalinee. «Può capitare di sbagliare e capiterà ancora», si è scusato Maggiani cui non è stato permesso di spiegare il suo punto di vista per l’assurda regola del mondo arbitrale per cui parlano soltanto i dirigenti: «Sono molto sereno» si è limitato ad aggiungere. I confabulanti dell’auricolare seguono dunque destini diversi. «Maggiani - commenta un ex arbitro internazionale, che non vuole apparire in prima persona - ha sbagliato la valutazione visto che decidere se Bergessio era o meno in fuorigioco è una prerogativa dell’assistente. Quali colpe si possono addossare agli altri?».

Emerge uno strano quadro perchè a pagare è uno mentre si sostiene di essersi spostati verso il lavoro di squadra, un “team” di sei persone che ormai serve il pullmino e non più il taxi per portarle allo stadio. «Cambia la filosofia nel dirigere la partita», ci spiegano. Uno dei problemi è che come tutti i cambiamenti serve il tempo per digerirli e raggiungere l’equilibrio nei rapporti interni. Il nervo più scoperto è la presenza dei due arbitri addizionali, sono la risposta di Platini (e non di Blatter, il presidente dela Fifa) all’impiego della tecnologia. Il campionato italiano è l’unico ad averli adottati, finora si erano visti soltanto nelle competizioni europee. «Il fatto che vengano designati per quel ruolo arbitri di primissima fascia, come era Rizzoli a Catania, o come succede a Tagliavento e a Rocchi, sembra una stranezza ma non lo è - spiega l’ex arbitro -. L’Uefa chiede che si scelgano elementi molto qualificati e dello stesso livello del primo arbitro».

Se ne intuisce la ragione. Se con questo “escamotage” si vogliono limitare gli errori nel valutare gli episodi in area, bisogna destinarvi i più attenti e preparati, con un’esperienza maturata nelle partite internazionali. Il rovescio della medaglia è che uno come Rizzoli, giudicato a torto o a ragione il “top” del movimento, può condizionare psicologicamente tutto il team. «È quello che si diceva anche quando si inventò la figura del quarto uomo che talvolta era più esperto e con più carisma del primo arbitro. Alla lunga si è visto che non è così». Ma Rizzoli quanto ha pesato sulla decisione di Catania? Nelle gerarchie arbitrali passa la linea minimalista. Gli sarebbe stato chiesto da Maggiani e Gervasoni se qualcuno del Catania avesse toccato la palla dopo Spolli e prima che colpisse il palo e lui avrebbe semplicemente risposto alla domanda, indicando Lodi. «Non c’era nessuna volontà di condizionamento». È una tesi contestata da chi ritiene che Rizzoli sia intervenuto prima che lo consultassero, alimentando i dubbi del guardalinee. «A Catania c’è stato l’errore dell’assistente e non dell’arbitro d’area - ha tagliato corto il designatore Braschi - Maggiani non ha letto bene l’azione e non aveva certezze». E se le aveva gliel’hanno fatte passare in 45 secondi.