Il figlio Cristian, ormai quindicenne, gli chiede di entrare perché possa vederlo giocare con la maglia della Roma. I tifosi gli urlano, quasi ogni giorno, di ritornare in società quando, increduli, lo incontrano fuori dai cancelli di Trigoria. Ma Francesco Totti, scrive Francesca Ferrazza su La Repubblica, non ne vuol sapere e resta inchiodato lì, all’esterno, a un passo da quella che è stata la sua seconda casa per quasi trent’anni, orgoglioso, ferito nel profondo, spesso con le lacrime agli occhi. "Al mattino porto Cristian all’allenamento, ma non entro, lo aspetto sul retro, nel parcheggio all’ombra — ha raccontato ieri a Repubblica l’ex capitano — ma dopo qualche minuto arrivano Vito Scala, i magazzinieri, tutto il personale che ha vissuto con me per 25 anni: prendiamo un caffè, si chiacchiera, si sorride".
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Vito e gli altri dello staff: l’affetto di Trigoria per Totti padre e figlio
Scala per l’ex numero dieci è stato un fratello maggiore, preparatore atletico e tuttofare, spalla fidata e figura di riferimento
Tra genitori che corrono, dividendo il loro tempo tra allenamenti e impegni di lavoro, nel viavai al “terzo cancello”, quello dal quale accedono i ragazzi delle giovanili giallorosse, non è difficile scorgere in disparte la macchina di Totti che aspetta l’uscita di Cristian, spesso “disturbato” dall’affetto della gente e dei dipendenti stessi di Trigoria. Su tutti, Vito Scala che per l’ex numero dieci è stato un fratello maggiore, preparatore atletico e tuttofare, spalla fidata e figura di riferimento. Vito è rimasto a Trigoria dopo l’addio al veleno da dirigente di Francesco e da un anno è l’addetto agli arbitri, oltre ad essere una figura di riferimento per la squadra dopo che per una vita lo è stato di Totti.
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