(Repubblica - G.Foschini/M.Mensurati)Lo chiamano “Hotel scommesse”.
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Tutti al Grand Hotel Scommesse: camere con vista sulle combine
(Repubblica – G.Foschini/M.Mensurati) Lo chiamano “Hotel scommesse”.
È in corso Como, a Milano. È frequentato da calciatori, ex campioni appesantiti, scommettitori accaniti, spesso malavitosi. Là dentro si decidono partite del campionato italiano. Si giocano scommesse, pagamento solo in contanti. E quasi sempre si vince. La storia, raccontata in molte pagine degli atti della procura di Cremona, è oggetto in queste settimane di ulteriori riscontri. Uno, arriva da Hrystiyan Ilievski, lo scommettitore macedone secondo la procura di Cremona a capo dell’organizzazione degli Zingari. Ilievski la racconta come una delle prove per smontare o comunque ridimensionare le accuse mosse dalla magistratura italiana nei suoi confronti: non esiste nessuna banda di Zingari, è la sua tesi, che trucca il campionato italiano. Ma attorno alla serie A e alla B girano da anni gruppi di scommettitori che comprano informazioni dai calciatori che sistemano le partite per semplici ragioni sportive o perché corrotti, ma da gruppi malavitosi. «Mafia, italiana o albanese » ripete Ilievski. «Non certo noi». Poi lo slavo aggiunge: «Indagano su di me o Gegic, ma perché non cercano di capire chi è che ogni domenica va in questo albergo?».
Questo signore a quanto pare si chiama Salvatore. Forse è siciliano, forse calabrese. Ha circa 65 anni. «Di lui so soltanto che ha una serie di cellulari, fa un paio di telefonate, apre un computer e poco prima del calcio di inizio dice se la partita si può giocare oppure no. Se sì, si scommette. Altrimenti si va tutti a casa». Si accettano soltanto somme in contanti, e soprattutto si può scommettere soltanto cifre molto alte. Da trentamila in su. Una volta — racconta Ilievski — Bellavista e Bressan (due dei calciatori arrestati nell’operazione Last Bet) si presentarono con assegni, provarono ad arrabattare due parole ma Salvatore li rimandò indietro con qualcosa di più di un sorriso. «In Italia giocano tutti, ci sono gruppi organizzati. È incredibile che vengano a dire a noi, macedoni, di essere in grado di truccare le partite. È assurdo». Ilievski torna pure sulla combine di Lazio-Genoa e chiarisce. «La storia di Sculli io l’ho solo sentita dire. Non so niente di più, né tantomeno conosco il giocatore. Di certo la vicenda di Zamperini e Mauri è completamente inventata: l’1-1 al primo tempo l’hanno fatto gli altri, non certo noi! Andate a vedere quanta gente nella regione Lazio ha giocato su quel risultato». Tanti, troppi, confermano le agenzie di bookmakers. Tanti altri gli esempi: nel veronese leader del gioco sarebbero il gruppo dei fratelli Cossato (indagati nelle inchieste).
Loro avrebbero gestito una delle partite emblema di questa inchiesta sul calcio scommesse, il 3-3 tra Albinoleffe e Piacenza del dicembre 2010 che costrinse le agenzie a bloccare le puntate. Napoli era invece una sorta di territorio inavvicinabile per gli scommettitori: la storia di Napoli-Parmadell’aprile del 2010 con i Lo Russo a bordo campo è solo una, così come è un dato ormai acquisito che i bookmakers di Singapore consentivano il pagamento delle scommesse anche in Campania. Qualcosa di strano avviene in Brescia-Lecce 2-2 del febbraio 2011: giocano tutti sull’over, gli slavi intercettano l’informazione solo alla fine tanto che riescono a scommettere solo qualche migliaio di euro.
Un altro personaggio chiave sarebbe Ivan Tisci. Ex calciatore, grande scommettitore e anche lui ospite dell’Hotel Scommesse, è il trait d’union tra il gruppo di Erodiani, Bellavista, Pirani e appunto gli Zingari (come dimostrano centinaia di intercettazioni che gli uomini dello Sco e della squadra Mobile di Cremona stanno rianalizzando alla luce delle novità delle inchieste). È Tisci che tira gli slavi nel mercato italiano. Scoprendo poi quasi per caso una “vecchia” conoscenza: Armin Gecic, il calciatore considerato dagli investigatori con Ilievski capo del gruppo, era stato suo compagno nel Vicenza di Reja.
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