rassegna stampa roma

Stadio, Totti, De Rossi: perché Pallotta vende a Friedkin

I saluti amari dei due simboli giallorossi e il "sì" per il nuovo impianto che non arriva hanno convinto Pallotta a cercare nuovi investitori

Redazione

La strada era segnata dall’estate. Quando il management della Roma propose a Pallotta un piano che rivoluzionava la strategia seguita fino a quel momento: cessioni soltanto per necessità sportive, stop alla politica di vendere giocatori strategici per sopravvivere. Così è iniziata, scrive La Repubblica, la ricerca di un socio da parte del presidente americano dei giallorossi. Ricerca culminata nel profilo di un altro statunitense, Dan Friedkin. Entro qualche settimana completerà la due diligence sui conti del club giallorosso e formulerà la prima offerta ufficiale.

Soltanto 18 mesi fa, al club giallorosso si era interessata una delegazione di sauditi, emissari del principe Mohammed Bin Salman in persona. A loro Pallotta aveva detto: "Non vendo". In questo anno e mezzo però ha dovuto fare i conti con una serie di delusioni che ne hanno minato le convinzioni. La prima crepa profonda è stato l’addio di De Rossi e le accuse che ne sono seguite. Era convinto di avergli offerto molto, un posto da dirigente operativo. Il “no” con umiliazione pubblica in quella conferenza e le successive accuse dei tifosi lo hanno ferito. Ancora di più lo strappo di Totti, che magari non reputava un amico ma che avrebbe voluto aiutare a diventare un dirigente formato, salvo sentirsi sbattere la porta in faccia («In due anni Pallotta non l’ho mai sentito»).

Poi lo stadio. Era arrivato fiducioso di chiudere la partita burocratica in tre/quattro anni. Ne sono passati sette, con due progetti diversi e 80 milioni spesi. Pallotta ha aperto alla ricerca di investitori. Certo lo stadio è un asset chiave anche per Friedkin: nei piani di sviluppo, una Roma senza stadio faticherà ad attestarsi sui 250 milioni annui di ricavi. Lo stadio sarebbe un volano da 400/450 milioni di fatturato.