"De Vito, in spregio alle finalità istituzionali che, come visto, dovrebbero ispirarne i comportamenti, piega la sua funzione al compimento di atti che esprimono non una scelta discrezionale legittima, di natura squisitamente politica, ma una volontà già determinata e precostituita che è quella di assicurare al privato imprenditore quando non il risultato voluto almeno il maggior beneficio possibile". Non fanno sconti all’ex presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito i giudici del Tribunale del Riesame nelle motivazioni con le quali hanno detto no alla sua istanza di scarcerazione, come riporta Maria Elena Vincenzi su La Repubblica.
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Stadio, i favori di De Vito ai privati “Ha barattato il ruolo istituzionale”
I giudici del Tribunale del Riesame hanno detto no alla sua istanza di scarcerazione
Secondo il Riesame, De Vito ha dimostrato "la capacità di divenire affidabile interlocutore privilegiato in un breve lasso di tempo, dal 2017 ai primi mesi del 2019, di grandi gruppi imprenditoriali interessati a importanti opere urbanistiche nella Capitale". L’ex esponente pentastellato "non è un “taglianastri", come definito da Mezzacapo in sede di interrogatorio, ma è “l’amico potente” del quale egli è fidato longa manus, rappresentando Mezzacapo il raccordo materiale, collettore di tangenti, delle volontà corruttive dei privati e del politico amico di lunga data.
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