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Serie A a 18 il sogno. Ma quanti problemi…

Carlo Tavecchio, dall'11 agosto scorso presidente Figc, sa benissimo che è la "madre di tutte delle riforme".

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Andrea Abodi, inguaribile ottimista, sperava di chiudere entro fine anno: ma dovrà aspettare chissà quanto prima di varare il progetto che porterà (finalmente) la sua Serie B a scendere dalla follia delle 22 squadre attuali, frutto del caso Catania), ad almeno 20 meglio ancora sarebbe 18. Dovrà aspettare perché non c'è stato nessun accordo con la Lega di A e con la Lega Pro. Carlo Tavecchio, dall'11 agosto scorso presidente Figc, sa benissimo che la "madre di tutte delle riforme", vale dire quella dei campionati, è la priorità del 2015 (oltre a convincere il ct Conte a non mollare la Nazionale...).

Giovanni Malagò, in un'intervista a Repubblica, gli suggerisce, giustamente, una serie A a 18 e meno stranieri. Difficile il primo progetto, quasi impossibile il secondo perché ci sono invalicabili norme comunitarie e anche Blatter e Platini hanno dovuto arrendersi. Ma Tavecchio sa cosa deve fare: "Vogliamo arrivare entro il 30 giugno a votare in consiglio federale la delibera sui format della stagione 2016-'17: serie A a 18, serie B a 20, Lega Pro da verificare". Abodi, il grande mediatore, è pronto a riprendere le trattative sin da gennaio. Ma ci sono problemi non facili da superare: intanto, per votare quella delibera, e Tavecchio l'ha ricordato anche di recente, ci vuole il 70% dei consensi.

In pratica, il diritto di veto che per anni, troppi anni, ha paralizzato la Ficg e ancora adesso crea problemi non solo per la riforma dei campionati ma anche per quella dello statuto. Tanto che Tavecchio, se lo stallo dovesse continuare a lungo, ha in progetto una mossa a sorpresa, e clamorosa: rivolgersi al Coni per chiedere alla Giunta di "aiutare" la Figc con la nomina di un commissario ad acta (magari il professor Giulio Napolitano che l'ha già fatto con successo) per cancellare definitivamente il diritto di veto. Calciatori e allenatori, comunque, farebbero le barricate. Ma almeno sino a primavera, Abodi tenterà l'accordo: più facile con la Lega Pro che con quella di serie A.

I venti club che dipendono da Beretta (e Lotito) infatti mai si sono riuniti fra loro per dire se sono d'accordo a scendere dallpattuale format a 20 a 18, liberando così quattro turni (e sarebbe un vantaggio anche per la Nazionale) e, soprattutto, garantendo uno spettacolo migliore per tv e quei coraggiosi che vanno ancora negli stadi. Molti club medio-piccoli pare siano contrari, temendo di finire in B e restarci chissà per quanto. E' circolata, da tempo, un'ipotesi di una sola retrocessione diretta e una coi playfoff, ma Abodi su questo fronte non ne vuole nemmeno sentire parlare. E poi c'è il nodo della Lega Pro: ora ci sono 60 club. Troppi? Non si sa: la Lega è di fatto paralizzata dopo la sfiducia di 40 club nei confronti di Mario Macalli.

Chissà se il presidente attuale, in carica da quasi 18 anni, ha intenzione di mollare o se vuole lo scontro a tutto campo con Gabriele Gravina (e Francesco Ghirelli) che potrebbe avere gravi conseguenze. Quasi certo comunque che il prossimo n.1, ma quando?, sarà Gravina, dirigente e consigliere federale di lungo corso, affiancato da Ghirelli reintegrato nel suo ruolo di direttore generale dopo essere stato cacciato da Macalli (che avrebbe l'onore delle armi, con la presidenza onoraria che merita dopo tutto quello che ha fatto in anni complicatissimi). Abodi vuole mettersi d'accordo con la Lega Pro, poi la A faccia quelle che ritiene più opportuno. Ma da qui si deve passare: una vera riforma, perché i soldi in cassa sono finiti per (quasi) tutti e non basta mettere le lampadine a basso consumo in via Allegri, o risparmiare sulle docce...